Altre nove persone arrestate, di cui otto minorenni, fra i 15 e i 17 anni, per le torture inflitte ad Antonio Cosimo Stano, il 65enne di Manduria (Lecce) morto all’ospedale di Manduria. I ‘blitz’ contro quello che definivano “lu pacciu” (il pazzo, ndr) venivano organizzati via chat di WhatsApp, chiamate ‘Comitiva degli orfanelli’ e, in quest’ultimo caso, ‘Ultima di Carnali’. Con tanto di fotografie e video di quelle che gli inquirenti definiscono “aberranti imprese”, con calci, pugni, insulti, atti vandalici, percosse con bastoni.
I nove arresti della polizia di Taranto e dello Sco di Roma, dopo le ordinanze emesse dai gip del Tribunale ordinario tarantino e di quello per i minorenni, sono scattati, infatti, con le accuse a vario titolo in concorso di tortura, lesioni, danneggiamento e violazione di domicilio aggravati. Fra gli episodi contestati a due dei ragazzini, che sono stati mandati in comunità, che avrebbero agito con due maggiorenni, anche quello accaduto il 1° aprile scorso ai danni di un altro uomo. Un 53enne, affetto da insufficienza mentale grave, attirato di notte fuori da casa sua, per “puro passatempo” colpito con calci e pugni, come emerso fino a strappargli gli incisivi. Una violenza ripresa in un video rintracciato dagli agenti nella chat.
Stano, in particolare, è morto per “shock cardiogeno” all’ospedale Giannuzzi di Manduria, il 23 aprile scorso, dove era stato ricoverato d’urgenza qualche settimana prima per astenia e stato confusionale, dopo essere stato soccorso da una volante, che lo aveva trovato nella sua casa della cittadina salentina. Lì, terrorizzato e già in precarie condizioni igieniche e di salute, l’uomo aveva deciso di rinchiudersi, senza mangiare, dopo essere rimasto vittima di incursioni da parte di una ‘baby gang’ che lo sottoponeva a vessazioni, percosse, angherie ed aggressioni. I ‘raid’, secondo gli inquirenti, avvenivano sempre di sera e di notte e si erano intensificati nel periodo di Carnevale. La vittima aveva anche cercato invano di sostituire la porta di ingresso con una blindata, ma anche questa era stata presto distrutta.
Nel mirino, in questo filone dell’inchiesta, sono finiti episodi accaduti il 3, il 5 e l’11 marzo scorsi. Altre incursioni a casa della vittima, precedute e seguite da diverse scorribande, sono state tutte rintracciabili in diverse chat a cui partecipava il gruppetto. Dai contenuti della conversazione intitolata ‘Ultima di Carnali’ e dall’ascolto di altre testimonianze, sono emersi altri violenti attacchi alla casa dell’anziano, scene di sopraffazione. Il tutto al solo scopo, secondo gli inquirenti, di procurarsi materiale da far girare sulle chat e sui social network per quel che viene definito dal gip un “malvagio divertimento”. La sera del Martedì grasso, il 5 marzo scorso, i giovani si vantavano di aver portato a termine l’ennesima incursione e commentavano: “Cè Carnevali… lu pacciu è impacciuto lu triplu” (Che Carnevale! Il pazzo è impazzito il triplo, ndr). E poi si scambiavano la foto del gruppo indossando le maschere.
Secondo i magistrati, i ragazzi “hanno agito nella consapevolezza di infliggere acute sofferenze a un soggetto che versava in un chiaro stato di minorata difesa, da loro pienamente conosciuto, a cui veniva riservato da anni un inumano trattamento per il gusto di poterlo deridere e così ‘condividere’ l’ennesima impresa con gli altri complici”. Qualcuno degli indagati è arrivato, persino, a parlare di “prove di coraggio”.