Mentre continua lo scontro sulla Tav tra l’Europa e la parte 5 Stelle del governo, la Lega decide di aprire il dialogo con il fronte delle imprese, il cosiddetto ‘partito del Pil’ che lunedì si è riunito a Torino per il ‘sì’ all’opera e alle infrastrutture. I tentennamenti dell’esecutivo italiano sulla Torino-Lione non sono piaciuti infatti a Bruxelles e potrebbero a breve comportare una riduzione dei cofinanziamenti europei sull’opera, come avvertito dalla Commissione stessa.
D’altro canto, il leader leghista e vicepremier Matteo Salvini non ci sta a perdere il consenso delle associazioni imprenditoriali, che rappresentano parte di quel nord, nord-est, produttivo dove il Carroccio trova linfa ed elettorato: ben consigliato, forse, dal sottosegretario Giancarlo Giorgetti il ministro dell’Interno ha invitato per un incontro, domenica mattina al Viminale, i dodici presidenti delle principali associazioni (da industriali a costruttori, dal commercio a artigiani, agricoltura e coop) per iniziare un dialogo con l’asse. Il tutto a due giorni dalla manifestazione No Tav indetta a Torino l’8 dicembre a cui prenderanno parte esponenti del Movimento 5 Stelle (dal sottosegretario al Ministero dell’Economia e delle Finanze, Laura Castelli, al vicesindaco di Torino, Guido Montanari). Sembra esclusa, per il momento, la partecipazione del leader M5S, Beppe Grillo.
‘ennesimo monito europeo sulla Torino-Lione al governo arriva dal portavoce della Commissione dopo l’annuncio del rinvio ad aprile degli appalti per il tunnel ferroviario deciso dal ministro per le Infrastrutture, Danilo Toninelli, in accordo, come ha spiegato lui stesso, con la sua omologa francese Elisabeth Borne: una decisione di ‘congelare’ l’opera confermata anche agli imprenditori dal premier Giuseppe Conte ma che rischia di pesare sull’Italia con un conto salatissimo. Come spiegano da Bruxelles, la cifra da restituire sfiora gli 1,7 miliardi: 871 milioni versati dall’Europa per i sondaggi già eseguiti e altri 814 per la prima fase dell’opera. La replica di Toninelli è forte e chiara: l’Ue non si preoccupi. “Tutto l’iter – spiega in un tweet – sarà gestito in condivisione con la Francia e nel rispetto del contratto di governo. Non verranno sprecati soldi pubblici e, anzi, saranno utilizzati al meglio per il bene dei cittadini”. Non sembra d’accordo l’alleato di governo Salvini che ribadisce di tifare “per il sì, sempre e comunque”. Perché su Tav, Tap, Terzo valico “l’Italia ha bisogno di più infrastrutture, non di meno”.
Intanto, un mese dopo i famosi ’40mila’ Sì Tav di Torino, il popolo del ‘No’ accetta la ‘sfida’ della piazza e si prepara ad accogliere i manifestanti nella marcia dell’8 dicembre sempre nel capoluogo piemontese. Nel giorno diventato famoso per la ‘liberazione di Venaus’, dove nel 2005 una folla di manifestanti costrinse le forze dell’ordine ad abbandonare il presidio del cantiere di allora, in piazza Statuto, dalle 14, arriveranno non soltanto dalla Valle di Susa. Attesi dimostranti da tutta Italia, oltre a una delegazione francese con tanto di ‘gilet gialli’. “Per lo più amministratori – precisa il leader storico No Tav, Alberto Perino – non certo facinorosi. È gente preoccupata come noi per le proprie vali e che, per i loro valori ambientalisti, condivide alcune richieste dei ‘gilets jaunes'”.