Due anni di carcere. È la richiesta avanzata dalla procura di Roma nel procedimento, con rito abbreviato, a carico di Paolo Ghirelli, presidente della Bonatti, e due membri del cda dell’azienda, per la quale lavoravano i 4 tecnici rapiti in Libia nel 2015.
Con Paolo Ghirelli sono imputati Dino Martinazzoli e Paolo Cardano, mentre ha chiesto un anno e dieci mesi in patteggiamento il responsabile Bonatti per la Libia, Dennis Morson. Il pm ha anche avanzato la richiesta di rinvio a giudizio per Giovanni Di Vincenzo, altro membro del cda.
Il rapimento dei quattro tecnici, conclusosi otto mesi dopo il sequestro con la morte di due di loro, secondo il pm Sergio Colaiocco, responsabile dell’indagine, poteva essere evitato se la società avesse attuato le misure di sicurezza previste per chi lavora in quell’area. Per questo sono tutti accusati di “cooperazione colposa nel delitto doloso”.
Per l’azienda la procura chiede 130 mila euro di risarcimento danni e il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per sei mesi.
La prossima udienza, davanti alla gup Maria Paola Tomaselli, è fissata per il 16 aprile.
Dieci giorni fa, tre persone sono state arrestate in Libia per il rapimento: in manette, con l’accusa di aver organizzato il sequestro con fini terroristici, sono finiti l’autista incaricato del trasporto dei quattro dipendenti dell’azienda, Youssef Aldauody, e due suoi complici, Ahmed Dhawadi e Ahmad Elsharo, ritenuti appartenenti all’Isis.
L’autista avrebbe organizzato il sequestro, durante il trasporto dei quattro dalla Tunisia al cantiere libico di Mellitah, coinvolgendo gli altri due e una decina di persone. Secondo gli inquirenti, gli altri responsabili sono morti, in parte nella sparatoria del 2 marzo del 2016, in cui vennero uccisi anche i tecnici Salvatore Failla e Fausto Piano, e in parte in azioni successive.
Salvatore Failla, Fausto Piano, Filippo Calcagno e Gino Pollicardo vennero rapiti il 19 luglio 2015. Gli otto mesi di prigionia si conclusero con la morte dei primi due, in uno scontro a fuoco con le forze dell’ordine, mentre venivano trasportati in un nuovo covo. Calcagno e Pollicardo, rimasti soli nella loro prigione, riuscirono a liberarsi e fuggire.