“L’arcivescovo emerito Dionigi Tettamanzi seppe superare se stesso andando oltre l’approccio di conservazione che per anni nel suo impegno nella Chiesa aveva incarnato su temi come il matrimonio, la sessualità e la bioetica”. E’ Vito Mancuso, teologo, già docente di Teologia moderna e contemporanea all’Università San Raffaele di Milano e di Storia delle dottrine Teologiche all’ateneo di Padova, a ricordare così l’ex arcivescovo di Milano, nato in Brianza, che si è spento all’età di 83 anni, dopo essersi posto dalle parte dei più deboli e delle minoranze, con gesti dal forte valore simbolico come la visita di Natale nel carcere milanese di San Vittore e la coraggiosa proposta di una moschea in ogni quartiere della città.
LEGGI ANCHE Morto il cardinale Tettamanzi, una vita dalla parte dei più deboli
Che rapporto ha avuto lei con il Cardinale Tettamanzi?
Dionigi Tettamanzi è stato il mio professore di teologia morale al Seminario di Milano, alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale. Il nostro è stato un rapporto intenso, un rapporto docente-discepolo che potrei definere ‘privilegiato’.
Che ruolo ha avuto la figura di Tettamanzi nella Chiesa e nella società?
C’è stata una prima fase in cui Tettamanzi si è posto come esponente della Chiesa moderata, tendenzialmente conservatrice, collaborando sui temi della teologia morale e della famiglia anche con Giovanni Paolo II. E proprio nella prospettiva di un magistero dalle posizioni tradizionali sulle questioni della morale familiare e sessuale si sviluppò la sua carriera. Fu arcivescovo di Ancona- Osimo, poi di Genova e segretario generale della Cei dal 1991 al 1995.
Poi il Cardinale Tettamanzi arriva come vescovo a Milano nel 2002, sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, restando alla guida della diocesi fino al 2011. Perché viene scelto proprio lui? E come interpretò il suo ruolo?
Venne scelto per invertire la tendenza rispetto all’episcopato del cardinal Carlo Maria Martini, ritenuto su posizioni sbilanciate verso un approccio più progressista. Tettamanzi appariva sino a quel momento in linea con una Chiesa che voleva moderare le spinte più innovative di Martini.
Inizia a Milano, con il suo governo pastorale della diocesi meneghina, la seconda fase per Tettamanzi, quella che, dopo la sua morte a 83 anni, lo consegna oggi al ricordo della gente come l’arcivescovo dalla parte degli ultimi?
Sì. Come arcivescovo di Milano Tettamanzi, sorprendendo un po’ tutti, a cominciare da me, interpretò in modo originale, innovativo e creativo la sua missione alla guida della diocesi milanese. E su temi come la tolleranza, l’identità, il dialogo interreligioso, Tettamanzi superò anche il cardinale Martini nella apertura verso prospettive meno tradizionali. In questo suo sorprendere e superare se stesso e il proprio cliché possiamo accomunarlo a figure come Papa Bergoglio e Papa Wojtyla. E’ lo spirito di chi nel credere obbedisce alla interpretazione della realtà, sapendo interpretare i segni dell’evoluzione dei tempi.