Si stringe il cerchio intorno al patrimonio di Vito Roberto Palazzolo, esponente di primo piano di Cosa nostra, riciclatore e tesoriere di mafiosi del calibro di Totò Riina e Bernardo Provenzano. La guardia di finanza di Palermo, in seguito a indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia, ha eseguito un provvedimento di sequestro e congelamento di beni disposto dalla Corte reale civile della Thailandia.
Palazzolo, condannato in via definitiva nel 2009 a 9 anni di reclusione per associazione di stampo mafioso, è stato arrestato a Bangkok nel marzo 2012 dopo una latitanza all’estero durata oltre vent’anni. Nel dicembre 2013 è stato estradato in Italia per scontare la pena e attualmente è in affidamento ai servizi sociali. Una vita criminale rocambolesca la sua, uno dei protagonisti di ‘Pizza connection’, il traffico internazionale di droga dei primi anni Ottanta tra la Sicilia, l’Estremo Oriente e gli Stati Uniti su cui indagarono Giovanni Falcone e l’allora procuratore distrettuale di New York Rudolph Giuliani. Nel 1984, su richiesta dell’autorità giudiziaria italiana, Palazzolo è stato arrestato dalle autorità elvetiche e lui, temendo di dover scontare una pena nel nostro Paese, in attesa dell’estradizione ha confessato agli investigatori svizzeri le sue relazioni con i principali protagonisti del traffico di droga.
Per ‘Pizza connection’ Palazzolo è stato condannato in primo grado a Palermo nel 2000 a 12 anni di reclusione, sentenza poi revocata in appello proprio per l’applicazione del principio ‘ne bis in idem’ internazionale, per cui non si può essere giudicati due volte per lo stesso fatto, avendo intanto ricevuto una condanna a tre anni in Svizzera per concorso nel traffico internazionale di stupefacenti e riciclaggio. Sfruttando un permesso premio e grazie a un falso passaporto svizzero, Palazzolo è fuggito in Sudafrica con l’identità di Robert von Palace Kolbatschenko. Qui, anche grazie a importanti appoggi, ha iniziato a investire nel settore immobiliare e in numerose attività commerciali, estendendo i propri interessi anche in territori limitrofi, quali la Namibia e l’Angola.
Le indagini hanno consentito di individuare e sequestrare un deposito bancario intestato alla moglie di Palazzolo, la ricca ereditiera di origine israeliana Tirtza Grunfeld, con diverse decine di migliaia di euro. L’ufficio antiriciclaggio thailandese Amlo, Anti-Money Laundering Office, ha emanato un provvedimento di congelamento dei beni riconducibili a Palazzolo e successivamente la Corte reale civile ne ha disposto il sequestro.