La macchina è crivellata di colpi, ha i finestrini rotti ed alcuni mattoni in pezzi sul cofano. “La vedete? è una utilitaria normale, non un mezzo militare”, dice Oleksij Chernyshov, ministro per lo Sviluppo delle Comunità e dei Territori ucraino rivolgendosi a Mario Draghi, Olaf Scholz e al presidente romeno Klaus Iohannis. La berlina nera è quella in cui una madre e i suoi due bambini sono stati uccisi a Irpin, diventando uno dei tanti simboli dell’aggressione russa. Il premier italiano annuisce, il presidente francese si mette la mano sul cuore, quello tedesco prova a mettere la testa dentro uno dei finestrini e poi dice: “Questa non è un’operazione militare, è distruzione”.
I quattro leader vengono condotti in giro per le macerie, alzano la testa all’insù per guardare con i propri occhi i palazzi bombardati, distrutti dalle fiamme, sbriciolati. Draghi è il primo ad arrivare e a mettere le cose in chiaro: “You have the world on your side”, dice mettendo una mano sulla spalla di chi è lì per far capire a tutti la portata delle violenze ricevute. “Avete il mondo dalla vostra parte”. Che non si tratti di un attacco a obiettivi militari, ma di un’aggressione, improvvisa e letale, a una cittadina alle porte di Kiev è evidente. “Quante sono state le vittime civili dell’attacco?”, chiede subito il premier. “Più di trecento”, la dura risposta. I grandi d’Europa camminano a fatica tra le macerie, fanno domande, assicurano che l’Ue ci sarà. Per la ricostruzione e non solo. “Quando iniziate a ricostruire?”, chiede Macron. “Al più presto”, assicura Chernyshov. “Dovete iniziare a ricostruire assolutamente”, interviene Draghi. “Abbiamo un sistema digitale, spiega l’interlocutore, conosciamo ogni finestra che è stata distrutta – replica l’interlocutore – siamo a buon punto con la valutazione dei danni. Ogni famiglia riavrà le sue cose, perché qui c’erano famiglie, donne e bambini, asili e giardini con i giochi”.
Una mostra fotografica allestita sotto i palazzi distrutti racconta il dolore nel dolore. I quattro leader sembrano percorrere una via crucis passando camminando davanti ai cavalletti in legno allineati. I leader Ue si soffermano di fronte all’immagine di Biancaneve, raffigurata sulla parete di una scuola, distrutta dai colpi, così come guardando la foto di un uomo che suona il piano di fronte a una chiesa di strutta. “Qui c’erano cultura, musica e tradizione, ora è tutto distrutto”, ripete Chernyshov. I grandi d’Europa sono scortati dai propri uomini migliori, ma ci sono anche i reparti di sicurezza ucraini a scortare il convoglio. Favoriscono il passo alla stampa, sorridono, tradiscono la volontà di accogliere chi potrà in qualche modo cambiare il corso delle cose. “Tutto questo deve essere visto e conosciuto. Vi sono grato”, dice Draghi alle autorità locali prima di risalire in macchina alla volta del palazzo presidenziale per incontrare Volodymyr Zelensky. Il premier si dice commosso: “Molto di ciò che mi hanno detto riguarda la ricostruzione. Parole di dolore, di speranza ma anche di ciò che vorranno fare in futuro – sottolinea – Tutto verrà ricostruito”.