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Università, Bombardieri (UilRua): “Aboliamo il numero chiuso a Medicina”

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

Una campagna per abolire il numero chiuso nelle università, a cominciare dalle facoltà di medicina. Per mettere il nostro sistema sanitario in grado di fare fronte alle esigenze anche in un futuro ormai prossimo. L’iniziativa è della UilRua, l’organizzazione della Uil che si occupa di Ricerca e Università e Afam, e partirà dalla pagina Facebook UilRua Nazionale, con l’obiettivo di fare pressioni sul mondo accademico e soprattutto porre con forza il tema all’attenzione della politica. A spiegarlo in una intervista a LaPresse è il segretario generale UirRua, Attilio Bombardieri.

Sono i dati, oltre alla pandemia di Covid-19 che ne ha dimostrato l’urgenza, a spiegare le ragioni dell’iniziativa: “Al 2025 secondo l’analisi dell’Ocse e dell’Anaoo, mancheranno 16.500 medici. Ed il problema è che nelle università ci sono attualmente 13 mila posti a fronte di 70mila domande. E che il 70% degli iscritti non riesce a raggiungere la laurea”. “Pensiamo all’abolizione totale del numero chiuso perché già ora il sistema non regge”, ha aggiunto Bombardieri.

Secondo l’UilRua, non è infatti ancora sufficiente l’incremento di posti previsto per l’anno accademico 2020/21 nell’ambito dei corsi di laurea in Medicina e Chirurgia. E anche la decisione assunta dal Ministero di incrementare di oltre 5.000 il numero delle borse per le scuole di specializzazione per l’anno accademico 2019/2020 non è riuscita a dare risposta immediata alle esigenze oggi dovute al Covid-19.

I FONDI DEL RECOVERY PLAN. L’intervento, che potrebbe avvalersi del Recovery Plan, secondo i calcoli di UilRua, ammonta a 4 miliardi. Per il prossimo quinquennio saranno necessari nello specifico: un miliardo e 200milioni euro per l’incremento del personale docente; 2 miliardi di euro per il potenziamento delle aule, degli spazi studio e dei laboratori di simulazione; 400 milioni di euro per il potenziamento delle attrezzature di simulazione e l’ammodernamento delle infrastrutture tecnologiche; e altrettanti per l’incremento del personale tecnico/amministrativo e sanitario dedicato alla attività di coordinamento e tutorato delle attività di simulazione ed al supporto tecnico alla attività didattica a distanza.

Per dare respiro al Servizio Sanitario, eliminando contemporaneamente il numero chiuso nelle facoltà di Medicina e Chirurgia bisognerebbe inoltre prevedere la possibilità di rendere definitiva per le Aziende del Servizio sanitario nazionale di assumere i neolaureati in Medicina e Chirurgia con contratti a tempo determinato; consentire al neoassunto di perseguire il percorso formativo della Scuola cui è iscritto o a cui aspira in qualità di “sovrannumerario senza borsa”. Le aziende del SSN dovrebbero inoltre trasformare il rapporto con i neolaureati in contratto a tempo indeterminato; e prevedere la revisione dei requisiti di accreditamento delle scuole di specializzazione e dei relativi indicatori alla luce dell’inserimento degli specializzandi “senza borsa”.

Ma i nodi da sciogliere sono anche altri. Bombardieri lamenta la mancanza di regolamentazione che l’epidemia ha evidenziato con il ricorso massiccio alla didattica a distanza. E sottolinea che già adesso, senza ulteriori stanziamenti di fondi, sarebbe possibile una diversa organizzazione per far fronte alla carenza di infrastrutture, con una vera e propria condivisione degli spazi tra corsi di laurea. “Se si utilizza la possibilità di fare didattica a distanza, tenendo a distanza lezioni teoriche e in presenza quelle che invece hanno bisogno ad esempio di sperimentazioni in laboratorio, sarebbe possibile già oggi. C’è un problema di infrastrutture e di organico – spiega Bombardieri – poiché le risorse vengono attinte sempre dai fondi ordinari” con i quali i rettori, normalmente, preferiscono assumere personale docente mentre “ci sarebbe bisogno di investimenti in infrastrutture, dad negli atenei e assunzione di personale tecnico-amministrativo”.

CABINA DI REGIA PER GLI ENTI DI RICERCA. Che la ricerca italiana in Europa e nel mondo sia fanalino di coda quanto a investimenti in rapporto al pil non è certo una novità. Rilanciare l’università passa soprattutto per il rilancio della ricerca con la destinazione di una maggiore quantità di fondi. Il momento storico post-epidemia mette a disposizione fondi aggiuntivi che potrebbero venire dall’utilizzo dei Recovery Fund, dopo la presentazione di precisi piani di investimento, o con il ricorso al Mes, per ora ancora escluso dal governo e sui quale Bombardieri è esplicito: non capisco perché farne a meno, sintetizza. Lamentando la mancata presenza di interventi da parte del ministro Manfredi sugli investimenti nel sistema universitario che pure dovrebbe ripartire. “Su questo tipo di ragionamento il ministro dell’università Manfredi avrebbe dovuto intervenire” perché “il sistema universitario deve ripartire”, rompendo “il sistema delle lobby delle docenze universitarie”.

Sulla ricerca, la proposta è semplice: oltre ad un maggiore stanziamento di fondi, secondo il segretario nazionale di UilRua, sarebbe importante l’istituzione di una Cabina di regia unica degli enti di ricerca, che oggi hanno 7 ministeri vigilanti, un sistema che coinvolge tutti gli enti di ricerca. Con il nome di Agenzia nazionale per la ricerca, l’unificazione degli enti vigilanti era prevista già tra i 23 punti del governo Conte 1. Poi però non se ne fece più nulla”

A livello più generale, la preoccupazione è per la tenuta del sistema economico del paese. Il timore è che, al termine della cassa integrazione, al prossimo 31 marzo, si conti un milione di disoccupati. Gli interventi, strutturali, sono urgenti. Ed il governo deve coinvolgere tutti gli attori, anche parti sociali e sindacati, per la stesura dei progetti per l’utilizzo dei recovery fund: “il dialogo sociale è uno dei pilastri” della costruzione europea, sottolinea Bombardieri. La richiesta al governo è chiara: più coinvolgimento sui piani di intervento, in tempi rapidi.

COINVOLGERE MONDO UNIVERSITÀ, DOCENTI E MOVIMENTI STUDENTI. Per dare più forza alle proprie idee, il sindacato pensa di coinvolgere proprio il mondo universitario, non solo nel corpo docente ma anche nei movimenti studenteschi, per animare al meglio il dibattito sul sistema della formazione ed assumere maggiore rilevanza agli occhi del mondo politico. Nasce da qui l’idea di un webinar, a inizio dicembre, che coinvolga anche gli studenti. L’obiettivo è quello della circolazione delle idee, della formazione e strutturazione di movimenti studenteschi che possano acquisire coscienza e forza non solo a livello delle singole università e dei territorio, ma a livello nazionale. Con il sogno di arrivare ad una vera e propria Federazione dei movimenti studenteschi.

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