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Vaticano, i 5 anni con Francesco: Papa rivoluzionario forte e tenero

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Sono passati cinque anni da quando, affacciato su piazza San Pietro, Jorge Bergoglio disse che i “fratelli cardinali” erano andati a prendere il vescovo di Roma “quasi alla fine del mondo”. Era il 13 marzo del 2013 e, da allora, Papa Francesco non ha mai smesso di mettere al centro quella “fine del mondo”, capovolgendo la piramide ecclesiastica e parlando non alle periferie, ma dalle periferie. L’arrivo di Bergoglio al soglio pontificio è stato il frutto di una mossa inaspettata e sconvolgente, le dimissioni di Benedetto XVI, che il 16 aprile compirà 90 anni.

I MIGRANTI – Senza dubbio, il tema che più degli altri è al centro del pontificato del Papa argentino è il dramma dei migranti. Il primo dei suoi viaggi, a pochi mesi dall’elezione al soglio di Pietro è Lampedusa, la porta d’accesso all’Europa dall’Africa. In quell’occasione lancia al mondo un monito perché si assuma la responsabilità della vita di milioni di persone in fuga dalle guerre. Squarcia il silenzio delle vite che da anni il Mediterraneo inghiotte nell’indifferenza generale. Indimenticato resta il viaggio, il 16 aprile dello scorso anno, sull’isola di Lesbo, in Grecia, a pochi chilometri dalle coste turche, sede di uno dei più grandi centri profughi d’Europa. Da Lesbo torna a Roma con 12 rifugiati siriani nell’aereo: tre famiglie con figli piccoli, due provenienti da Damasco e una dai territori occupati dal Daesh, sono accolte dal Vaticano con l’aiuto della Comunità di Sant’Egidio. Il 7 novembre 2014 fa scattare gli applausi dell’intero Parlamento europeo sul passaggio sui migranti del suo discorso a Strasburgo: “Non si può tollerare che il Mar Mediterraneo diventi un grande cimitero”. “Sui barconi che giungono quotidianamente sulle coste europee ci sono uomini e donne che necessitano di accoglienza e di aiuto – dice richiamando l’intera Europa ad assumersi le responsabilità – L’assenza di un sostegno reciproco all’interno dell’Unione europea rischia di incentivare soluzioni particolaristiche al problema, che non tengono conto della dignità umana degli immigrati, favorendo il lavoro schiavo e continue tensioni sociali”. Dopo aver annunciato che le morti in mare “offendono l’intera famiglia umana”, il 6 settembre 2015 lancia lo storico appello: “Parrocchie, monasteri e santuari d’Europa accolgano una famiglia di profughi a iniziare da Roma e dal Vaticano”. Parole che non sono rimaste al vento, ma sono state accolte concretamente: da quel discorso, decine di migliaia di migranti sono accolti nelle parrocchie italiane.

IL GIUBILEO DEGLI ULTIMI. L’attenzione di Francesco agli “ultimi” diventa più concreta con l’apertura anticipata del Giubileo nel cuore ferito dell’Africa, a Bangui, terra dimenticata, bagnata dal sangue dei massacri interconfessionali. Ma anche con la decisione che le porte sante potessero essere aperte in ogni diocesi del mondo. Perché per avere la remissione dei peccati non occorre varcare le mura leonine. Il Giubileo straordinario è anche quello delle prime volte: così, per espresso desiderio di Bergoglio, i detenuti hanno avuto il loro Giubileo in piazza San Pietro. Così come ce lo hanno avuto gli ammalati.

LE NOMINE DEI VESCOVI PARROCI E DEI CARDINALI PASTORI. Una parte della rivoluzione di Francesco passa per le nomine del collegio dei vescovi. In pieno scandalo Vatileaks 2, con la curia romana ancora sulle prime pagine dei giornali per il polverone sollevato dalle pubblicazioni dei giornalisti Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, ‘Via crucis’ e ‘Avarizia’ (per le quali si è svolto un processo che si è chiuso con un proscioglimento dei giornalisti), il Papa chiede all’episcopato italiano di cambiare marcia: “Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade – dice nel discorso alla Cei, riunita per il quinto convegno episcopale a Firenze -, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti”. E inizia a nominare alla guida delle diocesi i preti di strada: Matteo Zuppi a Bologna e Corrado Lorefice a Palermo, aprono la strada ad una vera e propria piccola rivoluzione. Anche il collegio cardinalizio rinnova la pelle seguendo il filo rosso di Bergoglio: pochi ‘principi’ e tanti ‘pastori’, poca Europa e molto Mondo. L’ultimo Concistoro, il 19 novembre scorso, è anche un incoraggiamento alle zone del mondo più difficili per i cattolici, dove sono perseguitati, in minoranza o mai rappresentati da un cardinale. Tra i nuovi elettori spicca monsignor Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria che il Pontefice decide comunque di far rimanere a Damasco. Ma viene anche rappresentata la Repubblica Centrafricana, il Bangladesh (che molto probabilmente visiterà quest’anno), l’Isola Mauritius e la Papua Nuova Guinea. Tra i non elettori notevoli c’è don Ernest Simoni, sacerdote albanese sopravvissuto alle persecuzioni dalla dittatura comunista. Quando il Papa lo incontrò nella visita a Tirana del 2014, ascoltò la sua testimonianza drammatica commosso fino alle lacrime. Condannato a morte, don Simoni fu costretto ai lavori forzati per 25 anni, ma esercitò celebrò clandestinamente fino alla caduta del regime nel 1990.

IL GRIDO DELLA TERRA E’ IL GRIDO DEI PIU’ POVERI. A giugno del 2015 Bergoglio pubblica ‘Laudato si”, la prima Enciclica ‘verde’ della Chiesa, in cui richiama il mondo alla cura del Creato, perché le conseguenze più pesanti del deterioramento ambientale ricadono sui più deboli della Terra: “L’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme – scrive il Papa -, e non potremo affrontare adeguatamente il degrado ambientale, se non prestiamo attenzione alle cause che hanno attinenza con il degrado umano e sociale”. Cresce il numero dei rifugiati per motivi ecologici: “È tragico l’aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale”, nell’indifferenza generale, “segno della perdita di quel senso di responsabilità per i nostri simili su cui si fonda ogni società civile”. 

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