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Volano i bitcoin. La criptomoneta elettronica vale 12mila dollari

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“Se avessimo trader che lavorano con i bitcoin li licenzierei in un secondo“, tuonava poco più di due mesi fa il ceo di Jp Morgan, Jamie Dimon. Chissà se oggi si rimangerebbe le parole, dato che la valuta ha superato i 12 mila dollari (un bitcoin=12mila dollari) e sta raccogliendo interesse e critiche da tutto il mondo. Se negli Stati Uniti la Federal Reserve sta iniziando a pensare a una propria moneta digitale, in Turchia le autorità religiose hanno etichettato in negativo il loro utilizzo.

I bitcoin continuano a macinare record e in mattinata hanno superato per la prima volta i 12 mila dollari, volando a 12.198. Il record si verifica a 4 giorni dal lancio ufficiale dei primi futures sulla piattaforma Cboe Global Markets, e a poco più di una settimana dalle negoziazioni sulla piattaforma Cme Group. Secondo gli analisti la criptovaluta potrebbe raggiungere i 15 mila dollari entro fine dicembre e molti temono l’imminente scoppio di una ‘bolla’. Bolla o meno, il fenomeno non sembra registrare un’inversione di tendenza e la sua popolarità ha già spinto moltissime realtà a interessarsene.

Ma cos’è il bitcoin? E’ una moneta elettronica creata nel 2009 da un informatico conosciuto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto. A differenza delle valute tradizionali, il bitcoin non viene emesso nè controllato da alcuna banca e il suo valore dipende dalla fiducia dei suoi investitori. La criptovaluta può essere creata e trasferita attraverso il web a chiunque disponga di un portafoglio digitale, un codice composto da una sequenza di lettere e numeri, che garantisce l’anonimato del suo proprietario. Le transizioni di bitcoin vengono gestite direttamente dalla sua rete, un network a cui tutti possono partecipare, a patto di installare nel proprio computer un software omonimo, che è libero e gratuito.

La tecnologia alla base dei bitcoin è la blockchain, il sistema di scambio che bypassa le autorità centrali. E’ un registro che rende disponibile a tutti gli utenti del sistema in contemporanea un’enorme mole di dati, anche su scala mondiale. Insomma, è una specie di libro mastro condiviso da tutti in cui vengono registrati tutti gli scambi di criptovalute, memorizzati in originale in una rete di computer invece che in un unico sistema centrale. Per la sua portata rivoluzionaria, la blockchain ha già trovato diversi campi di applicazione, dalle assicurazioni, alle banche, al giornalismo, ai migranti.

Per il presidente della Fed di New York, William Dudley, i bitcoin rappresentano più che altro “un’attività speculativa” e non possono essere ancora considerati rivali del dollaro. “Non abbiamo lanciato ancora un’indagine ma ci stiamo preparando, perché se dovessero emergere delle problematiche è assolutamente importante farsi trovare pronti”, aveva affermato invece ieri Margrethe Vestager, parlando di bitcoin all’Università Bocconi di Milano. “Stiamo cercando di avere più informazioni possibili per conoscere il fenomeno in profondità” anche nelle sue “ripercussioni sull’economia reale”, aveva aggiunto la commissaria Ue alla concorrenza.

La criptovaluta non interessa soltanto al mondo economico. Il Diyanet, l’organo statale che in Turchia agisce come un ministero degli Affari religiosi, ha definito l’utilizzo del bitcoin un “peccato”, a causa del suo carattere speculativo. Secondo l’autorità turca ogni moneta deve avere un’istituzione che ne sostenga e garantisca il valore, esattamente il contrario del pensiero alla base dei bitcoin. Altre religioni sembrano, invece, essersi aperte a questa nuova tecnologia. BitCoen è il nome di un progetto avviato ieri nel Regno Unito che ha creato una criptovaluta destinata alle imprese ebraiche. Sulla piattaforma, spiegano i suoi realizzatori, sono già disponibili 20 milioni di ‘bitcoen’ (o Ben) al prezzo di un dollaro l’uno.

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