“La Lega al governo proporrà un progetto di legge per avere giudici eletti direttamente dal popolo. E chi sbaglia paga. E siccome siamo un movimento nato per la libertà, cancelleremo la legge Mancino e la legge Fiano. Le storie e la legge non si processano”. Sono le parole di Matteo Salvini, nel non lontano settembre 2017, durante il raduno della Lega a Pontida, quando le elezioni politiche non erano ancora state fissate, ma già echeggiavano i cori ‘Salvini premier’.
Una frase che oggi, con le esternazioni del ministro alla Famiglia, Lorenzo Fontana, sembrano profetiche oltre che propagandistiche. Quel “abroghiamo la legge Mancino” pubblicato su Facebook non è un fulmine a ciel sereno, perché è uno dei temi che lo stesso Salvini portava nelle piazze e sotto i gazebo di mezza Italia, mettendolo di fatto nella lista delle cose da fare una volta arrivato a palazzo Chigi.
Non contando che l’abolizione della legge Mancino figura anche tra i cinque referendum proposti dal Carroccio, nella nuova era Salvini, nel 2014. In realtà il neo-segretario ne aveva promossi cinque più uno, come nel Superenalotto, visto che l’ultimo era stato aggiunto a campagna referendaria già iniziata e che reintroduceva il reato di clandestinità.
Poi si chiedeva agli italiani di impedire agli stranieri di partecipare ai concorsi pubblici, di abolire le prefetture, abolire la Legge Fornero e di legalizzare la prostituzione. Nessuno dei quesiti raggiunge le 500 mila sottoscrizioni, necessarie per chiamare gli italiani ad esprimersi.
Nella conferenza stampa di presentazione dei referendum Salvini disse: “Entro giugno dobbiamo avere 3 milioni di firme da portare a Roma oppure abbiamo fallito”. Il progetto non ebbe fortuna e come si dice, soprattutto in questi casi, i temi a volte ‘ritornano’, questa volta con Salvini al governo.