Umberto Bossi era “consapevole concorrente, se non addirittura istigatore, delle condotte di appropriazione del denaro della Lega Nord, poi utilizzato per coprire spese di esclusivo interesse personale proprio e della propria famiglia”. Denaro che anche il Senatur sapeva essere proveniente “dalle casse dello Stato”. Lo ha scritto il giudice Luisa Ponti del Tribunale di Milano nelle motivazioni della condanna a 2 anni 3 mesi per l’ex leader del Carroccio per appropriazione indebita dei fondi del partito. Nelle motivazioni, depositate due giorni fa, il giudice sottolinea anche come questa condotta sia in controtendenza rispetto agli ideali della Lega che è cresciuta “raccogliendo consensi da chi vedeva in esso un soggetto politico in forte opposizione al malcostume dei partiti tradizionali”.
Per il giudice dell’ottava sezioen penale di Milano Luisa Balzarotti (e non Luisa Ponti com’è sttao scritto in precedenza, ndr.) , inoltre, “è stato dimostrato – anche attraverso gli stessi testimoni citati dalla difesa – che Renzo Bossi, eletto in Consiglio regionale della Regione Lombardia, godeva di benefits di rilievo (acquisto ed utilizzo di un’auto del partito per l’intero arco della giornata, con accompagnamento di autisti pagati dalla Lega, oltre ad un complessivo rimborso spese), dai quali erano esclusi non solo i consiglieri regionali, bensì anche gli stessi eletti in Parlamento, in quanto riservati a coloro che rivestivano incarichi all’interno della struttura del partito. Ed è chiaro che Renzo Bossi ne godeva solo in virtù del suo essere figlio di Umberto”.
Il giudice il 10 luglio scorso ha condannato oltre il Senatur anche il figlio Renzo Bossi a un anno e mezzo per aver utilizzato i fondi del partito per coprire spese personali. Inisieme a loro è stato condannato anche l’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito a 2 anni e 6 mesi. Il figlio maggiore del Senatur, Riccardo, invece era stato condannato con il rito abbreviato a un anno e 8 mesi. Da quanto era emerso dalle indagini, coordinate dall’allora procuratore aggiunto Alfredo Robledo e dei pm Roberto Pellicano e Paolo Filippini, tra il 2009 e il 2011 Belsito si sarebbe appropriato di circa 2,4 milioni di euro di fondi della Lega e Bossi ne avrebbe spesi 208mila per se.
Il ‘Trota’ invece avrebbe speso 145mila euro per pagare i propri conti, tra cui diverse multe, per comprare un’auto e per la laurea conseguita in Albania. Per il giudice, che parla di “completezza e coerenza” delle prove raccolte a carico del Senatur e dei coimputati, “i documenti citati, e segnatamente i messaggi di posta elettronica spediti da Renzo e Riccardo al tesoriere Belsito, riscontrano le dichiarazioni di quest’ultimo in ordine alla piena consapevolezza di Umberto Bossi il quale, anzi, specificamente autorizzava Belsito stesso ad eseguire i pagamenti in favore dei figli”. Nelle motivazioni della sentenza, inoltre, il giudice evidenzia “il disvalore” delle condotte “poste in essere” da Bossi, dal Trota e dal tesoriere Belsito “con riferimento alle elargizioni proveniente dalle casse dello Stato e nell’ambito di un movimento” come la Lega “nato, ormai decenni orsono, e successivamente cresciuto raccogliendo consensi da chi vedeva in esso un soggetto politico in forte opposizione al malcostume dei partiti tradizionali”.