Francesco Bellomo è fuori dalla magistratura. Il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa (Cpga) ha preso atto del parere dell’adunanza generale del Consiglio di Stato che mercoledì aveva votato quasi all’unanimità per la destituzione del consigliere. Il Cpga ha così adottato oggi in via definitiva, con una delibera, la destituzione di Bellomo. Le carte verrano ora trasmesse a Palazzo Chigi per essere firmate dal presidente del Consiglio, e inviate successivamente al presidente della Repubblica per il decreto di destituzione. A quel punto Bellomo potrebbe impugnare il decreto e chiedere la sospensiva al Tar.La decisione ha pochi precedenti nella storia della giustizia amministrativa italiana.
RICATTAVA ALLIEVE. Bellomo è indagato per aver ricattato allieve della scuola ‘Diritto e Scienza’, da lui diretta, che venivano preparate al concorso di accesso alla magistratura. Secondo la denuncia del padre di una delle giovani, che ha fatto scoppiare il caso, alle borsiste venivano imposte minigonne, tacchi a spillo e trucco marcato, oltre alla risoluzione del contratto se si fossero sposate. Sulla vicenda, le procure di Piacenza e Bari hanno aperto indagini nelle quali si ipotizzano reati che vanno dall’estorsione, alle minacce, agli atti persecutori.
A seguito delle denunce, anche il pm di Rovigo Davide Nalin, assistente di Bellomo è stato sospeso dal Csm. Pesante, secondo la ricostruzione delle vittime, il clima che si respirava all’interno della scuola, dove le borsiste sarebbero state selezionate in base a scelte di carattere privato e sentimentale e sottoposte a un sexy ‘dress code’. Emblematico il racconto di una delle vittime, Rosa Calvi, 28 anni.
“Mi chiese subito della mia vita privata – racconta la giovane – quanti fidanzati avevo avuto e cosa facevano. E poi disse che se decidevo di accettare, avrei dovuto perdere cinque chili entro marzo. Poi mi guardò in viso e mi disse: ‘Hai le borse sotto gli occhi, con un paio di punturine risolviamo la situazione'”. Pochi istanti dopo “provò a baciarmi. In un attimo mi sfiorò le labbra e io lo evitai. Rimasi pietrificata”.
“Ingiustizia è fatta – ha scritto mercoledì Bellomo in una lettera aperta nella quale sottolineava come la destituzione fosse “prevista solo in caso di condanna per reati gravi”. “Invece io non ho subito alcuna condanna, e neppure alcun processo – aggiungeva – l’unica condanna che ho subito, con effetti devastanti, è quella mediatica”. “Da oggi torno ad essere un privato cittadino – concludeva Bellomo nella lettera – e chiedo ai media di rispettare la mia scelta di non parlare e di far valere le mie ragioni solo dinanzi alle corti nazionali e, se necessario, europee. Ho perso ingiustamente la reputazione e il lavoro, ma ho ripreso la libertà. Di fare ciò che più mi appassiona: libri, insegnamento e ricerca”.