Da tempo siamo abituati a considerare le Olimpiadi come un puro esercizio matematico. Prima si tratta di conquistarle: a suon di progetti, business, partner e investimenti. Poi di realizzarle nel modo più rapido e convincente possibile; infine di vincerle conquistando il proprio ruolo che per un paese piccolo può essere anche solo lo spazio di una medaglia o di un piazzamento mentre i colossi puntano a fagocitare il medagliere.
Siamo persone di sport e abbiamo la presunzione di pensare che da sempre, anche se troppo spesso ce ne dimentichiamo, che la bellezza delle Olimpiadi non sia tanto nei numeri o nella somma di successi o sconfitte, ma nelle sue storie.
Molto spesso i cinque cerchi ci hanno insegnato che le sconfitte possono insegnare più delle vittorie, e le storie più interessanti sono quasi sempre quelle di chi davvero c’è solo per esserci, ricordandoci che l’importante è partecipare; storie che hanno un valore emozionale maggiore rispetto alla narrativa del vincitore.
“I libri di storia li scrive chi ha vinto le guerre” è il prologo di un film straordinario come Braveheart; dice molto. Ed è un’ipotesi che si può tranquillamente applicare anche allo sport. Anche le cronache sportive parlano troppo spesso di chi vince e troppo poco di partecipa solamente. Di sicuro queste Olimpiadi di Sochi non faranno eccezione: perché la tendenza è sempre più questa, manifestazione dopo manifestazione, Olimpiade dopo Olimpiade.
Da parte nostra ci sarà sicuramente il desiderio di raccontarvi magari attraverso le nostre fotogallery o qualche blog anche il desiderio di non fermarci al medagliere. Ma di andare al di là di quello che è il podio. In fondo si tratta pur sempre di due semplici gradini…
Intanto qui avete un primo assaggio con una fotogallery realizzata tra impianti in prova e ultimi test…
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