Nessuno si aspettava una finale del genere; nessuno pensava che Marin Cilic potesse battere un Nishikori che lo aveva già battuto cinque volte e che sembrava in una condizione di rush straordinario. I pronostici sono belli per quello: quando indovini quelli facili non c’è molto gusto. Io oggi non so quanti saranno andati felici e contenti a riscontrare la vincita di Cilic vincente pre-flop nello US Open. Credo nessuno onestamente… chiederò agli amici di Lottomatica e magari mi diranno che qualcuno ha pescato il jolly dal mazzo. Che nessuno puntasse su Nishikori lo dice anche il fatto che dalla Croazia non è partito nemmeno un giornalista per seguire la finale: nemmeno uno. Dal Giappone gli accrediti erano più di sessanta tra tv, stampa e web.
Cilic ha ancora un ottimo margine di miglioramento: ha un potenziale fisico impressionante. Se Ivanisevic ha vinto a Wimbledon lui ora ha vinto a Flushing Meadows ed è un eroe nazionale. La finale l’ha stradominata senza mai cedere il passo al ritmo del giapponese, imponendo il suo gioco e vincendo anche una diffidenza iniziale del pubblico che sembrava parteggiare per il nipponico. Ora il coach di Cilic è proprio Goran Ivanisevic che stanotte piangeva come un bambino. Cilic è riuscito a deluderci solo in una cosa: ha giocato talmente bene, in modo talmente perfetto, da rendere la finale brutta, noiosa, a senso unico. Di Cilic mi sorprendono anche le movenze che non sembrano certo quelle di una pertica di 1.98 e alcune delicatezze di rovescio che sono un piacere.
OK, non c’era Djokovic: e nemmeno Federer. E Nadal è a casa. Ma questo Cilic è la sorpresa che spunta quando meno te l’aspetti. E ti piace.