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Catalogna, Puigdemont torna in Belgio: “Sanchez indichi soluzione”

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

Quattro mesi dopo il suo arresto in Germania, Carles Puigdemont torna in Belgio e promette che continuerà a “difendere la giusta causa del popolo catalano”. Dal momento che non rischia più l’estradizione in Spagna, visto che la Corte suprema spagnola ha ritirato il mandato d’arresto europeo a suo carico, Puigdemont ha fatto ritorno a Bruxelles, che aveva scelto come luogo per il suo autoesilio poco dopo il commissariamento della Catalogna dal governo di Madrid a seguito del fallimento della dichiarazione di indipendenza del 27 ottobre del 2017.

Prima ha tenuto una conferenza stampa in città, poi si è recato a Waterloo, nella villa in cui abita, che è stata ribatezzata ‘Maison de la République’, dove è stato accolto da circa 300 sostenitori. Da Bruxelles, parlando a fianco dell’attuale governatore catalano Quim Torra, Puigdemont ha mandato un messaggio chiaro al nuovo premier spagnolo socialista Pedro Sanchez: “Il periodo di grazia sta finendo” e “deve passare dalle parole ai fatti, ha dei compiti per quest’estate”. Puigdemont, insomma, ha invitato il governo di Madrid a spiegare “qual è la sua ricetta per trovare una soluzione alla questione politica del diritto di autodeterminazione della Catalogna”.

Anche Torra, che considera ancora Puigdemont il presidente legittimo della Catalogna, ha invitato Sanchez a “trasformare il dialogo in fatti”. Dal Belgio Puigdemont conta di guidare la lotta indipendentista. E lo farà innanzitutto provando a mettere in piedi un ‘Consiglio della Repubblica’, organo non ufficiale della causa separatista in esilio, mirando alla sua internazionalizzazione. “Non è la fine del viaggio. Viaggerò fino all’ultimo angolo del nostro continente per difendere la giusta causa del popolo catalano”, ha dichiarato in inglese nella capitale belga.

La sua base sarà la villa di Waterloo, la ‘Casa della Repubblica’ dove i sostenitori al suo arrivo gli hanno fatto trovare su una siepe uno striscione giallo con la scritta ‘Welcome president’. Da qui, non lontano dal luogo della sconfitta di Napoleone nel 1815, il leader indipendentista 55enne ha invitato le autorità spagnole a liberare i prigionieri politici: “Non c’è alcuna ragione politica, giudiziaria e democratica che giustifichi che passino un minuto di più in prigione”, ha affermato, accolto dagli applausi dei simpatizzanti sotto un sole cocente, mentre alcuni sventolavano bandiere catalane. Alla fine del discorso sono state issate contemporaneamente le bandiere dell’Unione europea e della Catalogna; poi è stato intonato l’inno catalano.

Nove dirigenti catalani sono attualmente agli arresti in Spagna con l’accusa di ribellione, mentre altri sei indipendentisti, fra cui Puigdemont, vivono in esilio all’estero. Quattro mesi fa, il 25 marzo, Puigdemont era stato arrestato in Germania mentre rientrava in macchina in Belgio dalla Finlandia, in applicazione di un mandato d’arresto emesso dalla Spagna. A luglio, però, la giustizia tedesca si era rifiutata di estradarlo in Spagna per l’accusa più grave, cioè quella di ‘ribellione’, limitandosi a dare il via libera solo per l’accusa di malversazione. A quel punto il giudice istruttorio spagnolo, lo scorso 19 luglio, ha deciso di ritirare il mandato d’arresto europeo a carico di Puigdemont e di altri cinque indipendentisti stabilitisi in Belgio, Svizzera e Scozia, mantenendo invece il mandato d’arresto per la Spagna. 

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