Guidò le prime truppe Usa che invasero l’Afghanistan nel 2001 e l’Iraq nel 2003, è conosciuto con il soprannome ‘Cane pazzo‘ e ritiene che l’Iran sia la principale minaccia per il Medioriente. Il generale in pensione James Mattis è stato scelto dal presidente eletto Usa Donald Trump come prossimo capo del Pentagono.
Secondo il magnate repubblicano, Mattis è il personaggio che più si avvicina al generale George Patton, che guidò l’avanzata degli Stati Uniti in Francia e poi in Germania dopo lo sbarco in Normandia nella Seconda guerra mondiale, incoronato eroe dal film ‘Patton, generale d’acciaio’ del 1970. Nato 66 anni fa nello Stato di Washington, Mattis ad appena 18 anni si arruolò nei Marines, studiò storia e guidò le sue prime truppe in combattimento durante l’operazione ‘Desert storm’ durante la prima Guerra del Golfo. Tuttavia furono gli attentati dell’11 settembre del 2001 a New York e Washington a catapultarlo appieno nella carriera militare, dal momento che fu uno dei primi soldati a mettere piede in Afghanistan, come comandante delle unità di punta della fanteria dei Marines che invasero il Paese.
Dall’Afghanistan passò poi in Iraq come comandante della prima divisione della fanteria di Marina che arrivò a Baghdad per rovesciare l’allora presidente Saddam Hussein e nel 2004 guidò la presa di Falluja, bastione dell’insorgenza sunnita. Celebre in combattimento, Mattis si è fatto conoscere per alcuni commenti polemici dopo la sua partecipazione a queste guerre: “Uno va in Afghanistan e si trova con tipi che hanno picchiato le donne per cinque anni perché non usano il velo”, aveva detto. E poi aveva proseguito: “Sai, tipi che hanno perso tutta l’umanità. E sì, è molto divertente sparare contro di loro. In realtà, è molto divertente combattere, è straordinario”.
Nel 2007 ‘Cane pazzo’ ottenne una promozione diventando generale a quattro stelle dell’ora scomparso Comando delle forze congiunte, e nel 2010 raggiunse il vertice della sua carriera militare quando fu nominato capo del Comando centrale, incaricato delle operazioni in Medioriente al posto del generale David Petraeus, che passò a capo della Cia. Come capo del Comando centrale, Mattis dedicò gran parte dei suoi sforzi all’Iran, Paese che considera la principale minaccia alla stabilità della regione, ancor più che le organizzazioni terroristiche come lo Stato islamico e al-Qaeda. “Ritengo l’Isis una scusa per l’Iran per continuare a fare danni. L’Iran non è un nemico dell’Isis. Hanno molto da guadagnare dall’agitazione che crea l’Isis nella regione”, ha detto Mattis recentemente, sostenendo che la Repubblica islamica “ha avuto un comportamento coerente dal 1979 e non mostra segnali di cambiamento”.
Fu proprio questa ostinazione con l’Iran che probabilmente gli costò il posto nel 2013, quando fu costretto a ritirarsi per tensioni con l’amministrazione del presidente Usa Barack Obama, nonostante adesso sostenga l’accordo con il nucleare. Una volta ritiratosi, ‘Cane pazzo’ dichiarò davanti al Congresso che la strategia di Obama di uscire dalla regione aveva contribuito al rafforzamento dell’estremismo, opinione che richiamò l’attenzione dell’ora presidente eletto Usa Trump.
È sostenitore di una soluzione a due Stati per risolvere il conflitto tra israeliani e palestinesi, dal momento che ritiene che le politiche di Israele indeboliscono la posizione degli Stati Uniti davanti agli alleati arabi.
Mattis sarà il primo militare di carriera a occupare l’incarico di segretario alla Difesa dal 1951, quando a capo del Pentagono andò il generale George Marshall, sotto la presidenza di Harry Truman. Tuttavia, prima che questo succeda, ‘Cane pazzo’ avrà bisogno che il Congresso gli conceda un’eccezione per aggirare la legge che richiede che passino sette anni fra quando si lascia l’uniforme e quando si va alla guida del Pentagono.
Oltre che come ‘Cane pazzo’, Mattis è conosciuto anche come ‘Monaco guerriero’, un soprannome che si addice al suo amore per la lettura, coltivato con i ben 7mila libri presenti nella sua biblioteca. “Grazie alla mia lettura non mi sono mai trovato intrappolato in nessuna situazione. Non mi dà tutte le risposte, ma illumina quella che spesso è una strada buia davanti”, disse nel 2003, nel pieno delle campagne in Afghanistan e Iraq.