Ancora una volta il collegio cardinalizio rinnova la pelle seguendo il filo rosso di Bergoglio: pochi ‘principi’ e tanti ‘pastori’, segno di una Chiesa in uscita, missionaria e di periferia. Francesco impone la berretta a 14 nuovi porporati per il suo quinto Concistoro e continua a bilanciare le quote dai diversi continenti in un Conclave che una volta era fin troppo curiale.
Questa volta, sì, ci sono alcuni riconoscimenti curiali, a uomini molto vicini a Francesco, ma entrano in collegio anche le piaghe del pianeta e le mani ‘sporche’ di lavoro a servizio degli altri. “La conversione, la trasformazione del cuore e la riforma della Chiesa è e sarà sempre in chiave missionaria”, sottolinea il Pontefice, perché presuppone che “si cessi di vedere e curare i propri interessi per guardare e curare gli interessi del Padre”.
Tra le nuove porpore c’è Angelo Becciu, finora sostituto della segreteria di Stato, ma già destinato a sostituire Angelo Amato alle Cause dei Santi (oltre che delegato speciale della Santa Sede all’Ordine di Malta); Luis Ladaria, gesuita prefetto della Congregazione per la dottrina delle Fede, che tra le altre cose è responsabile dei dossier sui casi di pedofilia nella Curia; lo spagnolo Aquilino Bocos Merino, missionario claretiano membro della Congregazione per la vita consacrata. Poi, com’è consuetudine, il nuovo vescovo vicario di Roma, Angelo De Donatis. E ancora l’elemosiniere del Papa, il polacco Konrad Krajewski, braccio di Bergoglio in tutte le attività caritatevoli per i poveri e i senzatetto. L’altro italiano è il simbolo del terremoto, il vescovo dell’Aquila Giuseppe Petrocchi; c’è poi l’iracheno Luis Raphael I Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei, che ha studiato a Mosul, regione del mondo in cui i cristiani subiscono pesantissime persecuzioni, così come per Joseph Coutts, indiano ma arcivescovo di Karachi, in Pakistan. E Antonio dos Santos Marto, vescovo di Fatima, in Portogallo, molto cara a Francesco, che ha portato alla santificazione i pastorelli delle apparizioni mariane.
Tra i 14 anche il peruviano Pedro Barreto, filosofo gesuita e parroco, arcivescovo di Huancayo, minacciato di morte per il suo impegno contro le attività estrattive in Amazzonia; il messicano Sergio Obeso Rivera, arcivescovo emerito di Xalapa e il boliviano Toribio Ticona Porco, prelato emerito di Corocoro; l’africano Desiré Tsarahazana, arcivescovo di Toamasina, in Madagascar; il vicepresidente della conferenza episcopale giapponese, Thomas Aquinas Manyo, arcivescovo di Osaka, ma inizialmente incardinato a Nagasaki ed ex vescovo di Hiroshima.