Mercati asiatici in discesa e lira turca in caduta libera (-7,93%) questa mattina alla riapertura delle attività finanziarie dopo il week end. La crisi economica che attanaglia la Turchia si riversa nell’economia globale. Con gli investitori già preoccupati per la guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti, il crollo della lira ha scatenato un effetto a catena in Europa e New York alla fine della scorsa settimana, con asset rifugio in crescita tra cui lo yen giapponese e il rally del franco svizzero. La lira turca si è ridotta al minimo storico di 7,2362 lire per dollaro durante la notte asiatica, per poi riprendersi leggermente dopo che il ministro delle finanze turco ha detto che Ankara sta pianificando di lanciare già oggi un “piano d’azione” in risposta alla crisi. “Le nostre istituzioni intraprenderanno le azioni necessarie da lunedì per alleviare i mercati”, ha fatto sapere Berat Albayrak,
Il ministro ha precisato che il sostegno arriverà attraverso manovre di politica fiscale, al fine di rafforzare l’indipendenza delle politica monetaria. E ha anche rassicurato che “il sequestro dei depositi o la conversione dei conti denominati in dollari in lire turche è fuori questione”. La Turchia, ha aggiunto, ha un piano di azione per l’economia reale, che è quella che sta soffrendo maggiormente l’impatto delle fluttuazioni di cambio. La lira è stata massacrata per tutto il 2018: a gennaio era valutata intorno a quota 3,70 per dollaro. Oggi il suo valore si è praticamente dimezzato. Ma anche l’euro sta subendo un duro colpo per le preoccupazioni circa il possibile impatto su alcune banche europee; l’italiana Unicredit, la spagnola
BBVA e la francese BNP Paribas fortemente esposte in Turchia.
Ecco alcuni dati di cambio: dollaro/lira turca 6,99 (da 6,43 della chiusura di venerdì.); euro/lira turca 7,93 (da 7,34). Borse asiatiche: Nikkei (Giappone): -1,6%; Hang Seng (Hong Kong) -1,8%; Shangai Composite: -1,4%. Venerdì le borse europee avevano perso molto: dall’1% di Londra al 2,5% di Milano e il Dow Jones era sceso dello 0,8%.
Lo scontro Turchia-Usa – Mentre annuncia misure economiche per salvare la sua valuta e le sue imprese, la Turchia e il suo presidente Recep Tayyip Erdogan non rinunciano ad attaccare gli Stati Uniti accusati di guidare una “trama sotterranea” contro il suo paese. La disputa tra i due paesi alleati nella NATO – che ha raggiunto una nuova intensità sulla detenzione di un pastore americano in Turchia – ha martellato la lira e sollevato anche questioni sui futuri rapporti tra Washington e Ankara. La lira turca già in crisi ha perso circa il 16% rispetto al dollaro venerdì, quando il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato di aver raddoppiato le tariffe in acciaio e alluminio sulla Turchia. Così, mentre il ministro delle finanze Berat Albayarak (genero di Erdogan) annunciava le misure finanziarie di cui sopra, suo suocero ha fatto sapere di non essere dell’umore giusto per offrire concessioni agli Stati Uniti in un momento in cui le relazioni tra i due paesi hanno toccato il punto più basso da sempre: “L’obiettivo dell’operazione è di costringere la Turchia alla resa resa in tutte le aree, dalla finanza alla politica”, ha detto Erdogan parlando Trabzon, sul Mar Nero. “Siamo di nuovo di fronte a un complotto politico e subdolo: conl’aiuto di Dio lo supereremo -, ha aggiunto. Erdogan ostentando sicurezza – Daremo la nostra risposta a colui che ha intrapreso una guerra economica contro il mondo intero spostandoci verso nuovi mercati, nuove collaborazioni e nuove alleanze “.
“Alcuni chiudono le porte e altri ne aprono di nuove”, ha aggiunto Erdogan, che ha stretto legami negli ultimi anni con paesi dell’America Latina, dell’Africa e dell’Asia e, soprattutto, con la Russia. Erdogan sembrava indicare che l’intera alleanza tra la Turchia – che aderì alla NATO nel 1952 con un forte sostegno americano – e gli Stati Uniti è in gioco. “Possiamo solo dire addio a chiunque sacrifica il suo partenariato strategico e un’alleanza di mezzo secolo con un paese di 81 milioni di abitanti per i rapporti con i gruppi terroristici”. Poi Erdogan si è rivolto direttamente a Trump a proposito della questione da cui è nata la crisi: la liberaione del pastore americano Andrew Brunson detenuto in Turchia dall’ottobre del 2016 con l’accusa di terrorismo e spionaggio e rischia una condanna a 35 anni di carcere: “Hai il coraggio di sacrificare 81 milioni di turchi per un prete che è legato a gruppi terroristici?”. Venerdì Trump aveva descritto la detenzione di Brunson come una “totale disonore” e aveva esortato Erdogan a liberarlo immediatamente. Finora i negoziati sulla questione di Brunson sono falliti e le due parti si sono sempre di più irrigidite.
La crisi turca – Secondo gli analisti, la crisi turca (che nasce certamente nell’immediato dalla rottura sul caso Brunson) ha origini più profonde che vanno dall’inflazione elevata e alla debolezza della lira. Durante le ultime settimane la banca centrale turca ha sfidato le richieste dei mercati internazionali per i rialzi dei tassi d’interesse. Ma Erdogan ha sempre risposto negativamente chiedendo di mantenerli bassi e definendoli “strumento di sfruttamento del popolo”. D’altra parte, però, quando venerdì Erdogan ha chiesto ai turchi di non abbandonare la loro valuta che stava crollando e di non precipitarsi a cambiare gli stipendi in dollari, la risposta della gente non sembra essere stata positiva. Il caso Brunson è solo una delle molte questioni aperte tra Turchia e Stati Uniti, che vanno dalla Siria alle relazioni (sempre migliori) di Ankara con Mosca. Erdogan ha anche risposto duramente alle autorità statunitensi per aver condannato Mehmet Hakan Atilla, 47 anni, vicedirettore generale della finanziaria turca Halkbank con l’accusa di aver aiutato l’Iran a eludere le sanzioni petrolifere decise dagli Stati Uniti.