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Ddl Zan, il promotore: “Lega e Fratelli d’Italia ritirino proposta-tagliola”

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Portare a casa il Ddl Zan, strappando un accordo in extremis tra i partiti di maggioranza. Alla vigilia del ritorno in Senato del disegno di legge contro l’omotransfobia, e col rischio di non avere i numeri che servono per l’approvazione dopo il via libera della Camera nel novembre dello scorso anno, il Pd gioca la carta della mediazione. Il segretario dem, Enrico Letta, affida proprio al deputato Alessando Zan, che dà il nome al ddl, il compito di verificare se ci sono le condizioni per chiudere positivamente la partita. “E’ complicata, ma sono fiducioso” confessa lo stesso Zan, ricordando che “la legislatura non dura all’infinito” e che quindi c’è la necessità di fare presto perché nei prossimi mesi il Parlamento sarà occupato con la Legge di bilancio e con l’elezione del Capo dello Stato. Insomma, in presenza di modifiche al testo, e con il necessario ritorno a Montecitorio, il via libera definitivo potrebbe slittare al 2022.

Ecco quindi che già da domani Zan vedrà i capigruppo dei vari partiti “per capire quali sono le richieste, se c’è un punto d’incontro possibile che non stravolga i punti fondamentali della legge”. “Vediamo se si può arrivare ad una mediazione che non sia però al ribasso” rimarca. Mercoledì intanto è prevista in Aula la prosecuzione e la conclusione della discussione generale, e a seguire i voti sul non passaggio all’esame degli articoli chiesti da Lega e FdI. “Si tratta di una ‘tagliola’ – attacca Zan -. Se dovesse passare la legge morirebbe visto si impedisce di continuare l’iter. Noi ci batteremo perché non accada”. Parallelamente al mandato esplorativo affidato a Zan, domani tornerà poi a riunirsi a Palazzo Madama anche il tavolo politico in cui i capigruppo di maggioranza Ettore Licheri (M5S), Massimiliano Romeo (Lega), Anna Maria Bernini (FI), Simona Malpezzi (Pd), Davide Faraone (Iv) e Loredana De Petris (Leu) si confronteranno per cercare un’intesa. La strada, tuttavia, si preannuncia in salita visto che il presidente della Commissione Giustizia, il leghista Andrea Ostellari, ribadisce che per superare l’impasse sono necessarie “modifiche migliorative”. “Serve una mediazione di buonsenso per fare una legge giusta ed efficace. Senza limitare le libertà e lasciando fuori i bambini – spiega a LaPresse -. Bisogna mettere mano ai nodi principali che riguardano gli articoli 1-4-7 del testo”. Esplicito anche un altro leghista, il senatore Simone Pillon: “Dopo aver ricevuto critiche da tutto l’arco costituzionale, dal mondo Lgbt, dal mondo femminista e perfino dal Vaticano, ora anche Letta prende atto che il ddl Zan è impresentabile. Meglio tardi che mai”.

Sul tema è netta anche la posizione di Matteo Renzi, che rivendica di aver indicato la via da seguire già prima della pausa estiva. “Letta apre alle modifiche, come noi avevamo suggerito quattro mesi fa – le parole del leader di Italia Viva -. La verità è che avevamo ragione: se vogliamo che la legge passi, vanno cambiati i passaggi più delicati”. Come? “Con poche modifiche che possano consentire un iter rapido per l’approvazione – spiega il sottosegretario all’Interno Ivan Scalfarotto – senza in nessun modo diminuirne l’efficacia in termini della protezione delle vittime dell’odio e della discriminazione”. Ad augurarsi l’ok di Palazzo Madama è anche il presidente della Camera, Roberto Fico, (“bene il dibattito, l’importante è che vada a buon fine il provvedimento”), anche se il M5S per bocca della senatrice Alessandra Maiorino fa sapere che vigilerà “affinché l’apertura di Letta non conduca a menomazioni inaccettabili della legge”. Insomma, proprio come annunciato da Zan, no accordi al ribasso. Sperando alla fine di non andare a sbattere.

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