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Ex Ilva, Mittal sospende lo spegnimento dei forni. Venerdì incontro con Conte

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Arcelor Mittal sospende la procedura di spegnimento degli impianti a Taranto. La speranza si riaccende improvvisamente a un passo dal baratro, dopo che la proprietà ha annunciato di voler attendere il Tribunale di Milano dopo il ricorso d’urgenza degli ex commissari Ilva. L’udienza è fissata per il prossimo 27 novembre, tutto tempo utile per i sindacati, ma soprattutto per il governo, per convincere gli indiani a ripensarci. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, vedrà i vertici di Mittal venerdì nel tardo pomeriggio e le parti sociali spingono affinché sfrutti questo ‘extra time’ per rimettere sul piatto tutte le condizioni iniziali dell’intesa, non solo per togliere alibi, ma per costringerli – di fatto – a rispettare le intese firmate solo pochi mesi fa.

Questa volta, però, all’incontro l’Italia si dovrebbe presentare con un piano B già in tasca. Una sorta di ‘Alitalia bis’ condita da un pizzico di caso Whirlpool. Perché l’ex Ilva si è trasformata da delicata vertenza a dramma social-economico, al quale – è bene chiarirlo – non c’è ancora una soluzione. Conte spera ancora nella carta del dialogo, ma la preoccupazione generale è ben oltre i livelli di guardia. La prova è l’incontro serale al Colle tra Sergio Mattarella, e i leader sindacali Maurizio Landini (Cgil), Annamaria Furlan (Cisl) e Carmelo Barbagallo (Uil), durante il quale il capo dello Stato ha ribadito che Ilva è un grande problema nazionale, da risolvere con tutto l’impegno e la determinazione, non solo per le implicazioni importantissime sul piano occupazionale ma anche per quanto riguarda il sistema industriale italiano.

La speranza è che il premier riesca nell’obiettivo di intercedere con il colosso franco-indiano, come avvenuto già per Whirlpool, per sospendere definitivamente la procedura di recesso. Ma visto che il miracolo sembra difficilissimo, è il ministro per l’Autonomia Francesco Boccia a svelare le carte: “Il piano B è l’amministrazione straordinaria con un prestito ponti che riporti l’azienda, nel giro di uno o due anni, come da legge di amministrazione straordinaria, di nuovo sul mercato”. Di fatto non c’è alternativa, spiegano dall’esecutivo, con il passaggio, dal punto di vista tecnico, di un commissariamento a tempo a carico del Mise. Qualcuno potrebbe quindi rivedere un replay dei passaggi di Alitalia, che proprio giovedì potrebbe vedere una svolta con l’offerta vincolante del consorzio guidato da Fs. Quasi uno scenario parallelo che potrebbe virtualmente capitare anche per l’ex Ilva, in questo caso con il coinvolgimento futuro(ma remoto) di Cassa Depositi e Prestiti. Proprio oggi, a margine del 170/o anniversario della Fondazione della cassa, Conte e il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri hanno avuto un colloquio con i vertici dell’ente: sul tavolo anche l’ex Ilva. E se l’ad Fabrizio Palermo si limita a definirla una “trattativa delicata per il governo”, il presidente Giovanni Gorno Tempini quasi si sbottona: “Noi ovviamente seguiamo con grande attenzione, ma ci sono colloqui in corso”. Il possibile ruolo? Un passo avanti a livello territoriale, con le società partecipate del gruppo. Senza correre troppo, però, la cruda realtà di metà novembre arriva dai sindacati di Taranto.

Il consiglio di fabbrica di Fim, Fiom e Uilm parla di una situazione che rischia di “implodere soprattutto in assenza di risposte chiare da parte di due attori principali quali A.Mittal e il Governo”. A ogni livello le parti sociali chiedono il ripristino dello scudo penale (posizione condivisa da Confindustria), la sospensione dell’ex articolo 47 e la tutela del futuro occupazionale e ambientale di Taranto.

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