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Facebook, titolo in rosso dopo il caso Cambridge Analytica

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Facebook sconta sul mercato il clamore sollevatosi intorno a Cambridge Analytica, la società britannica di analisi e consulenza che avrebbe ottenuto in violazione delle regole stabilite dalla stessa piattaforma i dati di 50 milioni di utenti. In contorni della vicenda hanno iniziato a definirsi nel fine settimana, con la pubblicazione di due inchieste da parte di Observer e New York Times, e lo stesso social network ha proceduto già sabato a sospendere i profili dell’azienda di analisi dati e di Strategic Communication Laboratories (Scl), il gruppo al quale fa capo.

La riapertura di Wall Street ha però messo in chiaro che la questione non può dirsi risolta: il titolo Fb, a due ore e mezza dal suono della campanella, segna infatti un calo intorno agli otto punti percentuali sul Nasdaq. A chiedere ulteriori chiarimenti, secondo quanto riportano i media americani, sono d’altra parte diversi membri del Congresso, da James Lankford dell’Oklahoma a Jeff Flake dell’Arizona. Un coro al quale si è unita nella anche la commissaria europea Vera Jourova, che via Twitter ha parlato di una vicenda “orripilante, se confermata”, sottolineando che “non vogliamo questo nella Ue”. Mentre la numero uno dell’autorità britannica per la protezione dei dati, la Information Commissioner Elizabeth Denham, ha emesso una nota per confermare che è in corso una indagine “complessa e di vasta portata”.

“L’affermazione per cui si è trattato di una violazione dei dati è completamente falsa”, ha precisato ieri sul sito di Facebook il vice presidente, Paul Grewald, mettendo l’accento sul fatto che le informazioni erano state ottenute lecitamente da Aleksandr Kogan, professore alla Università di Cambridge, attraverso la app “thisisyourdigitallife”, che circa 270 mila utenti avevano scaricato liberamente per ottenere predizioni sulla propria personalità, fornendo in cambio accesso ad alcuni dati personali e preferenze, oltre a informazioni più limitate relative agli amici che avevano mantenuto aperte le impostazioni di privacy. Ad andare contro al regolamento, secondo la ricostruzione di Menlo Park, sarebbe stata la cessione nel 2015 di tali dati a una parte terza, Scl appunto, che in questi anni è balzata agli onori delle cronache per aver lavorato sul web alla campagna elettorale di Donald Trump e a quella referendaria in favore della Brexit. Una volta appreso quanto accaduto, sempre nel 2015, Facebook aveva rimosso la app e chiesto la distruzione dei dati, confermata dalla stessa Cambridge Analytica.

“Diversi giorni fa, abbiamo ricevuto report che, al contrario di quanto riportato nelle certificazioni che ci erano state date, non tutti i dati sono stati distrutti”, scrive ora Grewald, “ci stiamo mouovendo aggressivamente per determinare l’accuratezza di queste affermazioni”. “Cambridge Analytica rispetta pienamente i termini di servizio di Facebook ed è attualmente in contatto con Facebook in seguito alla recente comunicazione per cui ha sospeso l’azienda dalla piattaforma, in modo da risolvere la questione il più presto possibile”, prova intanto a chiarire sul proprio sito la società britannica, spiegando di aver firmato nel 2014 un contratto per un progetto di ricerca su larga scala negli Stati Uniti con la società Global Science Research, che si era impegnata a ottenere dati solo in accordo con lo Uk Data Protection Act e ottenendo il consenso informato. “Quando successivamente divenne chiaro che i dati non erano stati ottenuti da Gsr in linea con i termini di servizio di Facebook, Cambridge Analytica ha cancellato tutti i dati che aveva ricevuto”, si legge sul sito, nel quale la web agency sottolinea che nessun dato proveniente da Gsr è stato utilizzato “nell’ambito dei servizi forniti nell’ambito della campagna presidenziale di Donald Trump”. 
 

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