Quando è stato fondato quattro anni fa puntava tutto sull’euroscetticismo, adesso recluta invece soprattutto il voto xenofobo. Alternativa per la Germania, noto con la sigla AfD, è il partito tedesco di estrema destra che, secondo i sondaggi, potrebbe attestarsi come terza forza politica nelle elezioni di domenica 24 settembre, dopo la Cdu di Angela Merkel e la Spd di Martin Schulz. Le rilevazioni concordano nel dire che il partito è destinato a entrare al Bundestag, la prima volta per una formazione di questo tipo. Pare infatti che riuscirà a superare la soglia di sbarramento del 5% necessaria ad accedere al Parlamento federale.
L’AfD è già riuscito a entrare nei Parlamenti regionali di 13 dei 16 Laender, ottenendo a livello locale risultati compresi fra il 24% nell’est del Paese ancora in difficoltà economiche e il 15% nel prospero sud. Ma lo scenario nazionale è una novità: secondo i sondaggi, l’AfD potrebbe ottenere fra l’8 e il 12% dei consensi; e nel caso in cui diventasse effettivamente il terzo partito, se Merkel andasse al governo nuovamente con una ‘Grosse Koalition’, quindi insieme alla Spd, l’estrema destra diventerebbe di fatto il primo partito di opposizione.
Già il fatto di accedere al Bundestag verrà festeggiato dall’AfD come un successo, dal momento che da una posizione extraparlamentare passerà a essere presente in tutte le commissioni parlamentari e vedrà aumentare i suoi finanziamenti pubblici. In più, il fatto di essere prima forza dell’opposizione le darebbe anche il diritto alla prima replica nel dibattito parlamentare, un regalo per un partito che ha fatto della provocazione la sua strategia e che in campagna elettorale ha mobilitato i suoi militanti al grido di ‘Merkel deve andarsene’. Alternativa per la Germania è stato fondato nel 2013 da euroscettici fuoriusciti dalle file di conservatori e liberali. Fra loro Alexander Gauland (oggi capolista insieme ad Alice Weidel), ex membro dell’Unione cristiano-democratica Cdu di Merkel.
Il discorso eurofobo però non riuscì a sfondare, così nelle elezioni generali del 2013 l’AfD restò fuori dal Parlamento per poco, essendosi attestato poco al di sotto del 5%. Con lo scoppio della crisi migratoria del 2015 e l’irruzione sulla scena del movimento islamofobo Pegida, l’AfD virò in modo deciso verso l’aperta xenofobia. La formazione si nutre del voto di protesta in un Paese che, dal 2015, ha accolto circa 1,3 milioni di rifugiati, e all’occorrenza adotta toni anti-sistema. I capilista sono: Alexander Gauland, veterano di 74 anni capace di pronunciare con toni calmi anche il discorso più vendicativo e di esaltare i “meriti dei soldati tedeschi della I e II Guerra mondiale”; e Alice Weidel, di 37 anni, economista lesbica dichiarata, che intende dare un volto moderno al partito. Il volto più mediatico dell’AfD è stata Frauke Petry, presidente del partito: è stata però messa all’angolo dal tandem Gauland-Weidel, che a differenza sua lasciano spazio ad agitatori vicini al neonazismo, come Jörg Höcke.
“La sua trasversalità è fondamentale per capire la sua crescita. È un partito di estrema destra che ha costruito un voto che va oltre lo spettro neonazista”, spiega a Efe il giornalista spagnolo Andreu Jerez, autore insieme all’argentino Franco Delle Donne del libro ‘Fattore AfD. Il ritorno dell’ultradestra’. È questo carattere trasversale che può dare all’AfD tra quattro e cinque milioni di voti, che in alcun modo una formazione neonazista sarebbe riuscita a ottenere, spiega ancora Jerez. Su Merkel, intanto, piovono le critiche, tanto dalla Cdu quanto dalla Csu bavarese: viene accusata di avere abbandonato un profilo conservatore lasciando così spazio alla destra radicale.