All’ombra del Colle nulla si muove. L’ultimatum del presidente Mattarella non ha sortito alcuno scatto di reni o rigurgito di responsabilità da parte dei partiti che sembrano davvero non pensare a intese in grado di dare vita a un esecutivo. Il governo di ‘tregua’ pare ormai l’unica possibilità per il capo dello Stato che lunedì sonderà ancora i gruppi parlamentari, con un parterre mattiniero delle grandi occasioni (sfilerano infatti a partire dalle 10.00 Luigi Di Maio, poi Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi, e infine Maurizio Martina) per escludere qualsiasi possibilità di accordo e poi procederà, molto probabilmente martedì mattina, chiamando al Quirinale l’incaricato.
E sulla figura del possibile inquilino di palazzo Chigi, è scattato ovviamente il toto-nomi, ma dal Colle nulla trapela se non possibili papabili che rispondano ai requisiti di cui lo stesso Mattarella non ha fatto mistero. Una personalità di alto profilo istituzionale, versatile sia in campo economico che internazionale, che sia all’altezza di affrontare sia l’impegnativa legge di bilancio di ottobre e sedersi al Consiglio Ue di giugno con una certa credibilità. Si fanno infatti sempre più insistenti le voci che la scelta del capo dello Stato possa essere ‘in rosa’. Non solo Lucrezia Reichlin quindi, nome buono per tutte le stagioni, uscito fuori anche come possibile presidente della Consob lo scorso anno, ma troppo schierata a sinistra. Rumors istituzionali puntano invece su Marta Cartabia, 54 anni, vicepresidente della Corte Costituzionale, e anche Paola Severino, rettore dell’Università Luiss, ex ministro della Giustizia nel governo Monti. Proprio questa esperienza di ministro tecnico, però, potrebbe far abbassare le quotazioni dell’avvocato, soprattutto in casa centrodestra e precisamente in Forza Italia, che la vivrebbe come un affronto per la legge che prende il suo nome e che ha causato la decadenza del suo leader, Silvio Berlusconi. L’obiettivo del Colle resta infatti quello di raccogliere intorno al suo esecutivo più consenso possibile.
Il governo di tregua al momento non raccoglie un consenso pieno e il suo percorso appare comunque in salita. Il Movimento 5 Stelle, con il suo capo politico, lo consegna ad altri partiti che “saranno stati i traditori del popolo”. Insomma Luigi Di Maio si vede già all’opposizione di questo esecutivo e invoca ancora il ritorno alle urne il 24 giugno, anche se tecnicamente sarebbe impossibile. Matteo Salvini invece apre al governo del presidente che duri fino a dicembre, ma detta le sue condizioni. No a esecutivi guidati dai tecnici perché, anche se scelto dal presidente, il governo deve essere espressione di chi ha vinto alle elezioni: centrodestra e M5S “per fare insieme un governo a tempo per fare poche cose e bene”. Matteo Renzi intanto esulta dopo il risultato in direzione: “Sono orgoglioso” e rivolgendosi ai pentastellati: “Se hanno i numeri per governare, governino. Ma massimo rispetto anche per chi non vuole finire la propria esperienza come partner di minoranza della Casaleggio e Associati srl”.