La svolta? Scenograficamente potrebbe essere rappresentata da quella strana (e brutta) scena martedì pomeriggio al Quirinale, con i corazzieri che spariscono dalla porta della sala della Vetrata, Cottarelli che si dissolve senza raccontare nulla del suo incontro con il Capo dello Stato, i giornalisti che rompono gli argini e il portavoce del Quirinale Giovanni Grasso che afferra un microfono vagante e pronuncia poche parole per dire che Cottarelli tornerà il giorno dopo e che non è autorizzato ad aggiungere altro. Scena mai vista in oltre 70 anni di Repubblica. Lì, forse, i più avveduti devono aver capito che i rischi che si stavano correndo (non solo dei mercati, ma anche istituzionali) erano troppo grossi anche per questo avventurato Paese, che lo spread poteva portare a scenari economicamente spaventosi come quelli della notte tra il 9 e il 10 luglio del 1992 quando il governo Amato fu costretto a mettere le mani nei conti correnti degli italiani per evitare i default, che la sicurezza, con le possibili manifestazioni contrapposte del 2 giugno era a rischio, che l’odio sul web stava raggiungendo livelli di guardia.
Da lì, il Quirinale deve aver detto e fatto sapere qualcosa a tutti: forse (come si dice nei palazzi) a Di Maio è stato fatto presente che degli incontri con Mattarella esistono verbali abbastanza precisi e che era meglio che Di Battista la smettesse di accusare il Colle di mendacio, ai partiti è stato fatto notare che buttare subito a gambe all’aria Cottarelli (messo lì da Mattarella a tranquillizzare i mercati) era un giochetto da evitare. E altri (Meloni? Il Pd? Lo stesso Berlusconi?) devono aver capito e devono essersi mossi di conseguenza su tutti i canali di comunicazione rimasti aperti. Si parla di una telefonata del Quirinale ricevuta da Giorgetti mentre era in corso la riunione dei gruppi della Lega, di Centinaio che, in questa riunione ha criticato la rigidità di Salvini su Savona. E lo stesso (critiche e inviti a maggiore prudenza su impeachment e governo) devono essere arrivati anche a Di Maio. Forse da Grillo e Casaleggio, sicuramente dai gruppi parlamentari anche spaventati di finire a casa adesso con possibilità (ma non certezza) di tornare presto in Parlamento.
Fatto sta che, martedì sera, molte cose sono cambiate. Di Maio (che doveva mettere in scena una passeggiata trionfale per la sua Napoli) si è ridotto, quasi, a chiedere scusa e a pregare il Quirinale di riaprire le porte a una riedizione del governo M5S-Lega, anche senza Savona e senza chiunque altro fosse sgradito al Colle. E tra Salvini e Di Maio sono volate puzecchiature, ma, probabilmente, anche segnali per vedere se c’era una strada per rimettere in pista il governo da poco abortito, magari con Giorgetti (o chiunque altro) al posto di Conte, magari con uno di loro due sulla poltrona di premier. O con lo stesso Conte come vorrebbe Di Maio.
Mercoledì mattina, poi, (mentre spread e Borsa tornavano su livelli più accettabili) si è capito che Cottarelli sta davvero continuando a lavorare su un governo tecnico che potrebbe tenere in caldo (lavorando sulle scadenze ineluttabili come l’Iva e la presentazione del bilancio) palazzo Chigi per un governo politico appena questo sia pronto:
“Durante l’attività del Presidente del Consiglio incaricato per la formazione del nuovo Governo sono emerse nuove possibilità per la nascita di un Governo politico. Questa circostanza, anche di fronte alle tensioni sui mercati, lo ha indotto – d’intesa con il Presidente della Repubblica – ad attendere gli eventuali sviluppi” ha detto infatti Cottarelli. E da tutti questi elementi si intravedono tra le brume di questa nascente “terza Repubblica”, almeno tre scenari possibili.
1) Torna il governo M5S-Lega – E’ quello che vorrebbe fortemente Di Maio che lo ha fatto sapere in tutti i modi. Questa volta, però, a parte Savona (nemmeno più da nominare), Mattarella chiederà solide garanzie. Salvini, da una parte, è tentato (ma proverebbe ancora a tener duro sull’economista no-euro), dall’altra pensa che un voto presto gli permetterebbe di lucrare uno strepitoso risultato elettorale. D’altra parte, però, la Lega (data oggi oltre il 25%) potrebbe anche incontrare difficoltà se si trovasse tutti contro in una campagna elettorale tutta giocata sull’Europa. Una campagna in cui si può vincere fino alla maggioranza assoluta, ma si può anche perdere. Nel caso di un ritorno immediato (una settimana-dieci giorni) del governo M5S-Lega, potrebbe tornare in carica per l’ordinaria amministrazione, il sempre apprezzato Paolo Gentiloni.
2) Governo Cottarelli – Carlo Cottarelli continua a lavorare. Per cosa? Per un governo “tecnico”, “neutrale”, “di attesa”, chiamatelo come volete, che potrebbe portare il Paese fino a elezioni (non subito, ma tra qualche mese, tra ottobre e gennaio) e, quindi, dovrebbe mettere in sicurezza l’Iva al 22% (bisogna trovare, come tutti gli anni, una dozzina di miliardi) e presentare la legge di bilancio. Un governo pronto a farsi da parte per essere sostituito da un governo politico, non appena questo si formasse, ma un governo vero che traguarda un periodo più lungo di quello del voto il 29 luglio. La cosa quasi ironica è che questo governo (finora senza padri né famiglia e senza uno straccio di voto favorevole in Parlamento) dovrebbe trovare (e troverebbe) voti favorevoli e astensioni sufficienti a farlo partire e andare avanti finché se ne rilevasse la necessità.
3) Voto subito – E’ lo scenario forse più preoccupante. Perché, in un certo senso, nascerebbe dalla resa di un uomo (Sergio Mattarella) e di un’istituzione (la presidenza della Repubblica) che ha dimostrato grande saldezza e forza anche morale. Una “resa” costituzionalmente ineccepibile, perché Mattarella, potrebbe arrivare a sciogliere subito le Camere e mandare l’Italia al voto il 29 luglio o giù di lì in una campagna elettorale “torrida” in tutti i sensi. Martedì, quando davanti alla sala della Vetrata è esploso quel momento di “confusione istituzionale”, il voto sembrava quasi ineluttabile. Ora sembrano esserci anche altre strade possibili.