Si è dimessa la ministra britannica per lo Sviluppo internazionale Priti Patel, travolta dalle polemiche per le rivelazioni da cui sono emersi gli incontri da lei avuti con politici israeliani, fra cui il premier Benjamin Netanyahu, dei quali però non aveva riferito, in violazione del protocollo diplomatico. Patel ha dichiarato che le sue azioni sono state “al di sotto degli standard che ci si attende” dal suo ruolo. L’ufficio del primo ministro Theresa May ha reso nota la lettera di dimissioni in cui la ministra si scusa per aver causato “una distrazione” dal lavoro del governo. May ha risposto con un lettera in cui definisce quella di Patel una decisione “corretta”.
Per May si tratta solo dell’ultima di una lunga serie di difficoltà che si trova ad attraversare negli ultimi mesi. Dopo avere perso la maggioranza assoluta nelle elezioni anticipate di giugno da lei stessa convocate, l’esecutivo da lei guidato è ora dipendente dal sostegno in Parlamento di un piccolo partito nordirlandese, il Dup. A questo si aggiungono le dimissioni del ministro della Difesa Michael Fallon, giunte la scorsa settimana per uno scandalo di molestie sessuali a Westminster, nell’ambito del quale sono anche indagati il suo vice Damian Green e un altro ministro. Inoltre da ieri il ministro degli Esteri britannico Boris Johnson è sotto pressione: da più parti gli si chiede di scusarsi per i suoi commenti sulla cooperante britannico-iraniana Nazanin Zaghari-Ratcliffe, in carcere in Iran da aprile del 2016. Il 1° novembre Johnson ha dichiarato che Nazanin Zaghari-Ratcliffe prima dell’arresto stava insegnando giornalismo in Iran, commenti che secondo i critici potrebbero spingere la magistratura iraniana ad assegnare alla donna una condanna detentiva ancora più lunga.