Spiraglio di luce per la vicenda Ilva di Taranto. Regione Puglia e comune di Taranto hanno rinunciato alla richiesta di sospensiva al Tar. Lo annuncia su twitter il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda: “Anche la Regione Puglia dopo il Comune di Taranto ha depositato la rinuncia alla richiesta di sospensiva al Tar sul Dpcm che contiene il Piano Ambientale per Ilva. È un segnale positivo che scongiura il rischio spegnimento il 9. Ora lavoriamo insieme per il ritiro del ricorso”.
E arriva subito la risposta del governatore della Puglia, Michele Emiliano: “Il Natale ha fatto bene al ministro Calenda che, dopo aver fatto saltare la riunione del 20 dicembre, adesso ha espresso il desiderio di lavorare con la Regione Puglia e il Comune di Taranto. Ricordo infatti che prima di iniziare la riunione del Tavolo Ilva lo scorso 20 dicembre, la Regione Puglia e il Comune di Taranto avevano chiaramente dichiarato, ribadendolo poi nel corso dell’incontro, l’intenzione di rinunciare alla richiesta cautelare, attesa la convocazione del tavolo e l’inizio dei lavori. Ciononostante il ministro Calenda in quella occasione si alzò bruscamente dal tavolo e andò via. Prendiamo atto che oggi ha cambiato idea ed è pronto a lavorare con Regione e Comune. E questa è una buona notizia“, aggiunge. “Il ricorso rimane in piedi e non verrà ritirato fino a che non verrà raggiunto un accordo sul piano industriale e ambientale tra tutte le parti del tavolo”, conclude Emiliano.
Il ricorso – Lo scorso novembre, Regione Puglia e Comune di Taranto avevano impugnato il Decreto del Consiglio dei Ministri che prorogava per l’Ilva la possibilità di riprendere la produzione. Il decreto era l’unica strada per evitare fallimento e chiusura dello stabilimento. Il governatore Emiliano e il sindaco Rinaldo Melucci hanno spiegato in tutte le sedi che il loro ricorso era a tutela della salute dei cittadini perché la prioproga della produzione veniva concessa nonostante l’Ilva non avesse ottemperato a tutta una serie di prescrizioi ambientali. Il governo, in questo pienamente appoggiato dai sindacati, aveva fatto sapere che il suo intervento (per un valore complessivo di oltre due miliardi) non sarebbe stato possibile senza la ripresa produttiva. Governo e sindacati hanno sempre sostenuto che le due cose (adeguamenti ambientali e ripresa produttiva) potevano andare avanti di pari passo. Si è così aperto un braccio di ferro tra governo ed enti locali pugliesi concluso con lo scontro del 20 dicembre quando il miniostro Calenda, di fronte al rifiuto di Emiliano e Melucci di ritirare il ricorso e la richiesta di sospensiva (che avrebbe causato la chiusura degli impianti il 9 gennaio prossimo) aveva lasciato il tavolo. Ora, con il ritiro della richiesta di sospensiva (ma il ricorso, a detta di Emiliano resta in piedi) si riapre lo spazio per una trattativa che porti a risolvere i problemi ambientali salvaguardando la produzione e, quindi, i posti di lavoro.
L’Ilva paga i fornitori – Intanto l’Ilva fa sapere di aver ripreso a pagare i fornmitori: “Dando seguito a quanto anticipato dal ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, durante l’incontro che si é tenuto al Mise lo scorso 20 dicembre, Ilva in amministrazione straordinaria sta adempiendo ai pagamenti dei debiti esigibili verso i fornitori dell’indotto pugliese ed entro oggi salderà tutto lo scaduto fino al 10 dicembre 2017, per un ammontare di oltre 30 milioni di euro“. L’Ilva spiega che tale cifra che rappresenta la quasi totalità delle cifre esigibili, mentre il pagamento di una piccola parte residuale avverrà a seguito delle verifiche necessarie previste nei primi giorni di gennaio. Questa somma, precisa ancora una nota, va ad aggiungersi ai 220 milioni di euro che Ilva ha già versato dall’inizio dell’anno a oggi per un totale di oltre 250 milioni di euro pagati nel 2017 alle imprese del territorio pugliese. Tali risorse, segnala ancora il comunicato, sono state individuate grazie alla disponibilità del governo a finanziare la fase gestionale che precede il closing dell’operazione con il nuovo investitore e di Banca Intesa SanPaolo che ha anticipato al mese di dicembre l’erogazione delle somme che erano previste per gennaio 2017.