Il cosiddetto ‘impeachment’ è il termine inglese per indicare quella che la Costituzione italiana definisce la ‘messa in stato d’accusa’ del Capo dello Stato.
La procedura prevista dal sistema americano è però molto diversa da quella che indica l’articolo 90 della Carta: “Il Presidente della Repubblica – recita la Costituzione – non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri”.
Il Capo dello Stato dunque, fatta salva l’assenza di responsabilità di atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, può essere giudicato solo per i reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione, ed è il caso al quale si appellano quanti parlano oggi di messa in stato di accusa di Sergio Mattarella, secondo i quali il presidente avrebbe, con le decisioni prese, compiuto una grave violazione delle norme costituzionali.
L’ammissibilità della messa in stato d’accusa del Capo dello Stato, in Italia è una prerogativa esclusiva del Parlamento, mentre una eventuale sentenza in merito spetta alla Corte costituzionale, con una composizione diversa da quella consueta perché ‘integrata’ e composta da 15 giudici togati e 16 cittadini “aventi i requisiti per essere eletti al Senato”.