Decine di donne hanno protestato nelle strade dell’Iran contro l‘obbligo di indossare il velo in pubblico, simbolo dei divieti e del codice di abbigliamento loro imposti dalla rivoluzione islamica del 1979. Almeno 29 donne sono state arrestate, secondo il dato ufficiale, per essere salite su centraline elettriche a capo scoperto, sventolando il velo legato in cima a un ramo.
Masih Alinejad è la promotrice della campagna ‘ My Stealthy Freedom’ (la mia clandestina libertà) iniziata nel maggio 2014 per spingere le donne a opporsi pubblicamente all’obbligo di coprirsi il capo. Giornalista e attivista iraniana, vive negli Stati Uniti, da cui nel maggio 2017 ha lanciato anche la campagna ‘Mercoledì bianchi’. “L’idea era che le donne scendessero in strada indossando veli bianchi e si scoprissero il capo”, dice Alinejad a LaPresse.
Qual è l’obiettivo? “Le donne vogliono combattere per la loro dignità contro quest’oppressione. Quando non può neanche decidere come vestirsi, una donna non è nelle condizioni di prendere decisioni più grandi. Dopo la prima arrestata il 27 dicembre a Teheran, Vida Mohadev, la sua protesta pacifica e coraggiosa è stata seguita da molte altre”.
Chi sono le donne che protestano? “Non solo giovani, ma di diverse età e classi sociali. Molte persone in Iran ricordano i giorni prima della rivoluzione, quando le donne erano libere di scegliere per se stesse. Inoltre, questa protesta rompe l’immagine che le iraniane indossino volontariamente l’hijab”.
Anche donne velate e uomini hanno manifestato. “Molte che indossano l’hijab non vogliono sia obbligatorio. Le giovani si sentono insultate dall’essere costrette a fare qualcosa in cui non credono, hanno accesso ai social media e vedono Twitter, Telegram: hanno in sé stesse i propri riferimenti. E sottolineo: non ci sono governi stranieri dietro di loro, come sostiene la Repubblica Islamica”.
Perché la protesta è esplosa con forza ora? “Dopo che Vida Mohaved ha protestato, gli iraniani sono scesi in strada per problemi economico-sociali, corruzione e ingiustizie. Poi altre donne hanno protestato a Teheran, nel cuore del Paese: tutti ne parlavano. Era la scintilla che la società, delusa dal presidente Hassan Rohani, aspettava per riformare queste leggi restrittive”.
Il potere come ha reagito? “Parti degli islamisti riformisti che appoggiano Rohani chiedono apertamente un dibattito sul velo obbligatorio e su come esso mini l’islam. Un livello di confronto del genere non c’era dal 1979. Non dobbiamo vincere solo una battaglia politica, ma cambiare la cultura e la società dominate dagli uomini e paternaliste. Vogliamo libertà di scelta”.
E il regime come reagirà? “E’ preso tra due fuochi: le donne hanno manifestato pacificamente, cosa che Rohani ha detto permessa nella Repubblica islamica. Quindi non mi aspetto che ricevano pesanti condanne, se ne riceveranno. Le proteste continueranno. Mi aspetto che il regime tenti di chiudere un occhio su chi non indosserà il velo, ma il tema è ormai diventato un pilastro fondamentale per l’Iran. Se il regime cederà sul velo obbligatorio, sarà il segnale che altre riforme sono possibili”.