La Corte suprema iraniana ha respinto la richiesta di riesaminare la condanna a morte del professore universario Ahmadreza Djalali, residente in Svezia e ricercatore all’Università del Piemonte Orientale di Novara, accusato di spionaggio a favore di Israele.
“Il giudice – ha fatto sapere la sua avvocata Zeinab Taheri – ha respinto la nostra richiesta domenica, in meno di un’ora. Depositeremo una nuova domanda alla Corte suprema, chiedendo che il dossier sia letto, vista la delicatezza del caso”.
Djalali fu arrestato nell’aprile 2016, dopo un breve viaggio in Iran. A ottobre fu dichiarato colpevole di aver passato informazioni su due scienziati nucleari iraniani al Mossad, prima che gli esperti fossero uccisi. La Corte suprema ha confermato la sua condanna a morte a dicembre, decisione criticata dalle organizzazioni per i diritti umani tra cui Amnesty International, che ha parlato di “stato di diritto calpestato”.
La legale ha affermato di poter presentare diverse richieste perché il caso sia riesaminato, ma anche che non esiste garanzia che siano accettate. Si è opposta alla sentenza anche l’università Vrije di Bruxelles, in Belgio, dove l’esperto di medicina dei disastri era visiting professor al momento dell’arresto.
Inoltre, l’Unione europea ha espresso preoccupazione per il caso di Djalali e ha fatto sapere che sta seguendo il caso da vicino. Tra 2010 e 2012 cinque scienziati irianiani, quattro dei quali erano coinvolti nel programma nucleare di Teheran, furono uccisi in vari attacchi nella capitale, nel momento del picco di tensione sulle ambizioni nucleari della Repubblica Islamica. L’Iran accusò il Mossad e la Cia di aver ordinato gli omicidi.