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Istat lancia l’allarme: 5 milioni di persone in povertà assoluta

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Circa cinque milioni di italiani sarebbero in condizioni di povertà assoluta. E’ il dato che rivela l’Istat nel corso di un’audizione sul Def davanti alle commissioni speciali di Camera e Senato riunite a Montecitorio. L’allarme, ha spiegato il presidente Giovanni Alleva, riguarderebbe – secondo i dati del 2017 -poco meno di 1,8 milioni di famiglie, con un’incidenza del 6,9%, in crescita di sei decimi rispetto al 2016 (6,3%; era 4% nel 2008), ovvero l’8,3% sul totale della popolazione residente (in aumento: era 7,9 nel 2016 e 3,9 nel 2008).

La ripresa dell’inflazione nel 2017 spiega circa la metà (tre decimi di punto percentuale) dell’incremento dell’incidenza della povertà assoluta; la restante parte deriva dal peggioramento della capacità di spesa di molte famiglie che sono scese sotto la soglia di povertà. Complessivamente, si stima che nel 2017 siano in povertà assoluta 154mila famiglie e 261mila individui in più rispetto al 2016. Dal punto di vista territoriale, i dati provvisori mostrano aumenti nel Mezzogiorno e nel Nord, e una diminuzione al Centro. L’aumento delle famiglie in povertà assoluta è, inoltre, sintesi di una diminuzione in quelle in cui la persona di riferimento è occupata, e di un aumento in quelle in altra condizione.

Migliora invece l’occupazione. “Nel 2017 i giovani tra i 15 e i 34 anni occupati sono in aumento dello 0,9%  rispetto all’anno precedente (+45mila, +1% gli uomini e +0,7% le donne)”, sottolinea Alleva, evidenziando che la crescita è stata più vivace nel Nord (+1,3% pari a 35mila persone) rispetto a quanto osservato nel Centro (+0,7%, pari a ottomila persone) e nel Mezzogiorno (+0,1%, 2mila persone). Ma attenzione:  Nel 2017 l’aumento degli occupati 15-34enni ha interessato solamente i dipendenti a tempo determinato (+176 mila; +14%).

“L’occupazione giovanile si caratterizza sempre di più per un’elevata incidenza di lavoratori a termine – dice Alleva – che costituiscono circa un terzo dei lavoratori alle dipendenze e il 28,2% del totale dell’occupazione giovanile (31,1% per le donne): rispetto al 2008, l’incidenza del lavoro a termine per i giovani è aumentata di nove punti percentuali, a fronte di un aumento più contenuto sul totale dell’occupazione (+1,9 punti). Restringendo l’analisi alla fascia con 25-34 anni, il lavoro a termine costituisce il 21,7% del totale degli occupati, in aumento di 2,0 punti rispetto al 2016 e di 7,6 punti rispetto al 2008”, ha aggiunto.

A livello territoriale, il ritmo di crescita dell’occupazione è stato simile in tutte le ripartizioni geografiche. “Permangono tuttavia ampie differenze sul territorio”, dice Alleva. ” Il tasso di occupazione nel Centro-nord è tornato su livelli analoghi al 2008, toccando il 66,7% nel Nord e il 62,8% nel Centro. Nelle regioni del Nord, il tasso di occupazione supera il 70% nelle province di Bolzano (72,9%) e Bologna (71,8%), mentre a livello di grande comune si segnalano Milano e Venezia (70,9% in entrambi i casi). Al Centro, i tassi di occupazione più elevati si registrano nelle province di Firenze (69,3%), Pisa (68,9%) e Siena (68,0%), mentre nel Mezzogiorno (il cui tasso di occupazione complessivo non ha superato nel 2017 il 44%) le province con i tassi di occupazione relativamente più elevati sono state quelle di Chieti (57,9%), l’Aquila (57,1%) e Teramo (56,7%)”.
 

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