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Juve in finale di Coppa Italia ma col Milan non vince e non convince

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La Juventus è la prima finalista di Coppa Italia ma questa è l’unica buona notizia per la squadra di Maurizio Sarri. Il pareggio senza reti e con poco pathos di uno Stadium desertificato dalla pandemia è il minimo sindacale per evitare la beffa dell’eliminazione, ma contro un mezzo Milan, per di più in dieci uomini dopo un quarto d’ora, era lecito aspettarsi di più. Molto di più. In fondo, un centinaio (scarso) di giorni dopo l’ultima partita pre-coronavirus, da un lato è comprensibile che la forma psicofisica non sia ancora al massimo, dall’altro sembra comunque di essere tornati agli impacci dell’inverno. I bianconeri giochicchiano e non segnano, si sbattono e non pungono, eppure con quel tridente Douglas Costa-Ronaldo-Dybala ci sarebbe da sognare.Il paradosso è che se la partenza della Juventus è stata quasi stordente quando ha dovuto affrontare il Milan in parità numerica, tutto è poi sembrato meno fluido dopo l’espulsione di Rebic (minuto 17′: calcione da karatè a Danilo). Perché in quel primo quarto d’ora disputato in pressing, con la massima compattezza tra le linee, i bianconeri hanno costruito un’occasione dopo 70 secondi (Douglas Costa) e si sono mangiati un rigore con Ronaldo (gomito ‘ingenuo’ di Conti, palo del portoghese). Soprattutto, la squadra di Pioli, ancorché priva di Theo Hernandez, Castillejo e Ibrahimovic, pareva incapace non solo di articolare una manovra offensiva ma addirittura di impossessarsi del pallone. Però, per quegli strani meccanismi mentali che si innescano sul campo, il Milan ha perso la paura e la Juventus la sua furia. Certo, i campioni d’Italia hanno continuato a gestire la manovra ma senza quel tremendismo iniziale e senza l’adeguata lucidità sotto porta. Tante conclusioni, poche in porta, una flessione evidente nella ripresa nonostante le numerose sostituzioni.E’ vero che bastava lo 0-0 agli uomini di Sarri per centrare la finale, ma è altrettanto vero che l’uomo in più avrebbe dovuto dilatare un divario netto sotto il profilo tecnico e dell’esperienza. Ronaldo si è acceso a intermittenza, così come Dybala e Douglas Costa, mentre Bentancur è sembrato il più efficace della squadra sia sotto il profilo della costruzione sia del contenimento. Meglio di Pjanic e di Matuidi, al quale va dato atto di un acuto alla mezz’ora, con parata di Donnarumma. Assieme all’uruguaiano, ha impressionato Alex Sandro in fase di spinta, là dove la catena di destra ha generato i maggiori grattacapi ai rossoneri. Nulla è cambiato con Khedira e Rabiot, meno che mai con Bernardeschi.L’espulsione prematura di Rebic ha rovinato i piani dei rossoneri, che non potevano speculare sul risultato dell’andata e che un gol a Buffon dovevano farlo per agganciare almeno i calci di rigore. E’ la ragione che ha spinto Pioli a inserire nella ripresa Leao, cioè una punta, per provare a graffiare la Maginot costituita da Bonucci e De Ligt, anche se una capocciota di Calhanoglu dopo due minuti della ripresa finita a pochi centimetri dal palo ha provocato un sussulto e ha consolidato nel Milan l’idea che non tutto fosse perduto. I rossoneri hanno alzato la testa nel secondo tempo, aiutati da Calhanoglu e Paquetà più che dal confusionario Bennacer. Salvato l’orgoglio ma non la finale, resta il dubbio di cosa sarebbe successo con i tre grandi assenti, su tutti Ibra. SPR NG01 vor/azn 122302 GIU 20

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