Il suicidio assistito, in casi come quello di dj Fabo, non è punibile. Con una sentenza storica la Corte Costituzionale si esprime sulla vicenda Cappato e torna a chiedere un intervento del legislatore sul tema eutanasia, giudicandolo ormai “indispensabile”. Secondo la Consulta “a determinate condizioni”, “non è punibile chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi”.
Tra le condizioni cui si fa riferimento ci sono quelle in cui viveva, prima di sottoporsi alla ‘dolce morte’, Fabiano Antoniani, ovvero quelle di un paziente “affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.
Esulta l’esponente dei Radicali Marco Cappato, tutt’ora a processo per aver accompagnato Fabo nel viaggio in Svizzera che lo condusse alla morte: “Da oggi in Italia siamo tutti più liberi. Anche quelli che non sono d’accordo. Ho aiutato Fabiano perché ho considerato un mio dovere farlo”, sostiene parlando di “una vittoria di Fabo e della disobbedienza civile, ottenuta mentre la politica ufficiale girava la testa dall’altra parte”.
La Corte Costituzionale sottolinea la necessità, sul tema, di un intervento del Parlamento che definisce “indispensabile”. Ma in attesa di una legge, che tarda a vedere la luce, sancisce la non punibilità dell’aiuto al suicidio, subordinandola, ai casi di particolari pazienti e “al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente”.
“La strada per una buona normativa è finalmente aperta”, dice l’avvocato Filomena Gallo, segretario Associazione Luca Coscioni e coordinatore del collegio di difesa di Marco Cappato, che conclude: “Mi auguro che il Parlamento si faccia vivo”.
E arriva il disappunto dei vescovi italiani. “Si può e si deve respingere la tentazione – indotta anche da mutamenti legislativi – di usare la medicina per assecondare una possibile volontà di morte del malato, fornendo assistenza al suicidio o causandone direttamente la morte con l’eutanasia. I Vescovi italiani si ritrovano unanimi nel rilanciare queste parole di Papa Francesco. In questa luce esprimono il loro sconcerto e la loro distanza da quanto comunicato dalla Corte Costituzionale”. Così in una nota la Cei.