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Latte, tregua fragile. Coldiretti: “I 72 centesimi non bastano”

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Sembra fragile la tregua raggiunta l’altro giorno in Prefettura a Cagliari sulla questione del latte di pecora. L’intesa prevede un acconto di 72 centesimi al litro per i primi mesi dell’anno (indicativamente fino alla fine di marzo) per poi salire e arrivare a un euro intorno a novembre. A quel punto, tutto l’anno verrebbe saldato al valore massimo raggiunto. I pastori non si fidano, almeno, non si fidano del tutto. I presidi vanno avanti, qualche cisterna passa e altre vengono fermate. La discussione nei picchetti è molto accesa: chi difende l’accordo e chi dice che non bisogna accettare ma andare avanti con la lotta. Anche perché il raggiungimento del prezzo di un euro non sembra essere garantito dal testo uscito dalla Prefettura e sancito dall’intesa tra il ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio e i rappresentanti della produzione e della trasformazione industriale.

E’ anche la posizione della Coldiretti che non sembra soddisfatta dell’intesa: “L’acconto iniziale di 72 centesimi al litro è motivo di insoddisfazione perché si trova sotto i costi variabili medi di produzione certificati dal recente studio Ismea elaborato per far luce sulla crisi del settore. E’ necessario che sulla bozza di accordo sul prezzo del latte ovino in Sardegna venga inserita anche una clausola che garantisca di raggiungere l’obiettivo di un euro per il prezzo del latte pagato ai pastori da parte degli industriali che sono i diretti beneficiari delle consistenti misure di sostegno per 49 milioni di euro messe in campo da governo e Regione”. “Va riconosciuto – afferma la Coldiretti – l’impegno del governo e della Regione Sardegna che per questa operazione hanno messo sul piatto le risorse per il ritiro di 67mila quintali di forme di formaggio in eccedenza sul mercato. Importante nella bozza dell’accordo è la volontà di inserire la presenza dei pastori nell’amministrazione del Consorzio di tutela”.

Parole in cui ritorna il tema che è all’origine del problema. Ossia la sovraproduzione di pecorino romano dop causata anche dalla grande quantità di prodotti falsi e a basso prezzo sui mercati internazionali che ha provocato l’abbassamento dei prezzi di vendita scesi da 8 a 4,7 uro al chilo. 

In Sardegna circola anche la voce di provvedimenti giudiziari a carico di chi ha partecipato ai presidi e ai versamenti di latte. Le parole di Salvini sembrano voler tranquillizzare: “I manganelli si usano con i delinquenti, qui usiamo la ragione. Le posizioni si stanno avvicinando”. 

Centinaio – Il Ministro delle politiche agricole Gian Marco Centinaio, ospite di “Uno Mattina” è tornato sull’argomento:  “In questo momento c’è un problema, da un lato, di non richiesta del mercato, tipo i mercati esteri come quello statunitense, causato soprattutto da vendite di prodotti falsi. Dall’altro c’e quindi una produzione al di sopra delle richieste e di conseguenza un calo del prezzo. La prima proposta dei trasformatori è stata di 60 centesimi alla quale è seguito un tavolo al Viminale a tutela della produzione e dei pastori. Sabato a Cagliari si è arrivati a una proposta di 72 centesimi per i mesi di febbraio, marzo e aprile per poi arrivare a novembre con un saldo che prende in considerazione il prezzo medio del latte da novembre dello scorso anno a questo. È una proposta interessante alla quale si affiancano quelle strutturali di filiera. Questo è quello che il Governo, che tuttavia è estraneo alla questione che è strettamente di rapporto tra produzione e industria, mette sul tavolo ma sembra che non sia sufficiente. I dati Ismea ci dicono che il prezzo minimo sarebbe di 74 centesimi. A un euro ci si arriva ma in base alla richiesta e al prezzo di mercato al quale il pecorino deve arrivare e quindi le industrie di trasformazione ci dicono che ora non riescono ad arrivarci. Con tutte le operazione che mettiamo in campo, l’obiettivo è appunto arrivare oltre l’euro che chiedono i pastori”.

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