A due giorni dalla conferenza internazionale sulla Libia, prevista domenica 19 a Berlino, la notizia che potrebbe rendere più debole la riunione per pacificare il Paese. Secondo una fonte del Consiglio presidenziale libico, il premier Fayez al-Serraj potrebbe non andare alla conferenza, e inviare invece una delegazione. La notizia viene rilanciata dall’emittente libica al-Ahrar, che trasmette dal Qatar.
Intanto, dopo che non ha firmato il cessate il fuoco a Mosca, il maresciallo libico Khalifa Haftar scrive al presidente Vladimir Putin e accetta l’invito a tornare in Russia per “continuare il dialogo” per la pace. L’uomo forte della Cirenaica è andato a sorpresa ad Atene a cercare il sostegno dei rivali della Turchia, che appoggia il Governo di accordo nazionale (Gna) di al-Serraj, sostenuto dall’Onu. Solo il giorno prima, Ankara aveva confermato che “sta mandando” le sue truppe in appoggio al Gna, come annunciato giorni prima. Ad alimentare la tensione c’è anche la disputa fra Turchia e Grecia per il controllo delle perforazioni nel Mediterraneo.
A Berlino, comunque, si spera ancora di poter vedere sia al-Serraj, sia Haftar. Hanno dato conferma anche i presidenti di Turchia, Russia ed Egitto, il segretario di Stato Mike Pompeo per gli Usa, e poi leader di Francia, Regno Unito, Emirati Arabi Uniti, il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, il massimo diplomatico Ue Josep Borrell, vari leader di Lega araba, Algeria, Emirati, Tunisia, Cina. Per l’Italia arriveranno il premier Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Il Cremlino ha affermato che i colloqui si concentreranno su una tregua e sul lancio di un ampio dialogo politico sotto egida Onu. Il ministro degli Esteri Sergey Lavrov, citando gli incontri avvenuti a Mosca, ha sottolineato che “le relazioni” tra i due leader rivali libici “sono tese: non vogliono trovarsi insieme nella stessa stanza, non parliamo di dialogare”. Già a Mosca hanno tenuto colloqui indiretti, parlando con funzionari e diplomatici turchi e russi.
I partecipanti al summit di Berlino dovranno trovare un modo di conciliare le loro posizioni, dopo che al-Serraj ha firmato il documento di Mosca per la tregua, e Haftar se n’è andato senza farlo. Le forze del generale hanno poi applicato una sorta di stop provvisorio ai combattimenti, previsto fino al summit in Germania, ma Haftar sinora non ha mai davvero rinunciato alla battaglia (complice il sostegno dall’estero). Per Lavrov, la cosa più importante è che la tregua tenga. Ma su questo punto è intervenuto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan: Haftar “non è affidabile”, “ha continuato a bombardare Tripoli, ancora ieri”.
Vari appelli sono arrivati dai gruppi per i diritti umani per una pace duratura. Tra loro Amnesty International, per cui qualsiasi intesa deve avere come priorità “la protezione dei civili e la giustizia per le vittime di violazioni”. Ha anche citato un rapporto secondo cui ci sono “prove di potenziali crimini di guerra sia dalle forze del Gna sia da quelle” di Haftar. L’Unicef ha chiesto di mettere fine alla situazione “insostenibile” dei bambini: 150mila persone, di cui 90mila minori, sono sfollati da quando Haftar ha lanciato l’offensiva per prendere Tripoli ad aprile.
Intanto, c’è tensione tra Grecia e Turchia sullo sfruttamento delle risorse del Mediterraneo: a novembre Ankara e Tripoli hanno firmato un accordo sullo sfruttamento dei giacimenti, nonostante la contrarietà di Atene, Egitto e Cipro. E giovedì il premier greco – non invitato a Berlino – ha dichiarato che il suo Paese “non accetterà una soluzione politica che non preveda la cancellazione di quell’accordo marittimo”. Anzi, ha detto, userà “il veto” per impedirlo, sebbene non sia chiaro come questo possa accadere.