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Manovra, passa emendamento De Luca. Opposizioni sulle barricate

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Giornata di tensione, ieri, in commissione Bilancio al Senato. Il caso De Luca domina tutto il dibattito finché, alle undici di sera, dopo ore di acceso scontro, arriva il via libera. Il M5s prima chiede il voto palese, ma il presidente della commissione Francesco Boccia non lo concede, carte alla mano, richiamando il regolamento e i precedenti. Poi contesta il voto, sostenendo che i conti non tornano. Alla fine i voti favorevoli sono 18, su 46 componenti della commissione. Dodici i contrari – i pentastellati però si oppongono dicendo che dovrebbero essere almeno 14 – un astenuto, in maggioranza: Bruno Tabacci, di Centro democratico. Che non se l’è sentita: “Era stato lo stesso Renzi – ricorda – opportunamente, a volere che i presidenti di Regione non potessero più essere commissari sanitari”. Questo emendamento, dice, “è un errore sul piano politico. Siamo a pochi giorni dal referendum e questa iniziativa sposterà ancora di più l’asse non sul merito della riforma ma su altro ed è esattamente ciò che si sarebbe dovuto evitare. Con questo gesto alimentiamo un contrasto che non c’entra nulla con la riforma”.

Anche contando 2 preferenze in più al fronte nel no, mancherebbero all’appello però 13 voti. Esclusa Fi – alcuni deputati erano assenti – qualche defezione nel Pd dev’esserci stata. Attacca Giorgio Sorial, del Movimento 5 stelle: “O hanno sbagliato, o manca qualcuno all’appello. Evidentemente ci sono stati deputati della maggioranza che non hanno avuto né il coraggio di dichiarare la contrarietà, tantomeno di alzare la mano per essere conteggiati nel voto a favore”.

Le opposizioni scaldano i motori già a inizio seduta. Insistono per parlarne prima di notte. Rocco Palese, di Cor, rivolgendosi al presidente della commissione Francesco Boccia, dice: “Presidente, noi per cena vorremmo il piatto De Luca”. “Il piatto come?”, ribatte l’altro. “De Luca”, ribadisce il deputato. “Non lo conosco”, dice Boccia, sorridendo. E Laura Castelli, del M5s, minaccia: “Presidente, abbiamo avuto un atteggiamento conciliante finora ma vogliamo sapere cosa intendete fare sull’emendamento De Luca. Altrimenti non crediate che andremo avanti così”.

Si attende di capire se palazzo Chigi andrà fino in fondo, forzando, nonostante i malumori anche interni al Pd, per avere la norma che concederà al presidente della Campania di diventare commissario sanitario della propria Regione. All’ennesima richiesta delle opposizioni di vedere il testo dell’emendamento, il viceministro all’Economia Enrico Morando, concede: “Volete fare prima gli enti locali compreso l’articolo 58? (Quello al quale è legato l’emendamento De Luca, ndr) Io sono d’accordo. Ci dovete solo dare il tempo necessario. Diciamo entro le 21”. D’accordo anche il capogruppo Pd Ettore Rosato: “Non abbiamo alcuna preclusione”.

Finalmente arriva il testo, riformulato dopo il primo accantonamento. Come anticipato da LaPresse, la nuova formula è quella di consentire al presidente della Regione di diventare commissario della propria sanità regionale ma a patto che ogni sei mesi si verifichi il suo operato (per superare i rilievi del ministero della Salute, che non apprezza che controllato e controllore coincidano nella stessa persona): dovrà essere conforme ai piani di rientro e la performance sui livelli essenziali di assistenza dovrà essere positiva.

Contrarie tutte le opposizioni. Votano no M5s, Lega, Sinistra italiana, Forza Italia, e Conservatori e riformisti. “Voi state dicendo che se De Luca fa una cosa che non si deve fare, voi gli date i mezzi per farlo. Questo è un sostegno all’illegalità. Lo legittimate”, dice il deputato leghista Guido Guidesi. “Diteci voi cosa serve per farvi ritirare questo emendamento. Una frittura? Uno Yacht? Ditecelo voi, provvediamo”, ironizza Giulio Marcon (Si). “Questa è una marchetta bella e buona perché i voti di De Luca vi fanno di un comodo impressionante, abbiate l’onestà di ammettere che volete solo i suoi voti”, accusa Silvia Giordano, del M5s.

“In questo Paese uno può studiare vent’anni ma alla fine quello che conta è la clientela e la conoscenza. Se questa è l’Italia che volete portare avanti, proseguite”, dice Gianfranco Giovanni Chiarelli, di Conservatori e riformisti, dopo una lunga disamina del curriculum di De Luca al termine della quale stabilisce che non ha le competenze, richieste anche dalla stessa norma, per guidare la sanità.

“E’ errato parlare di emendamento ‘ad personam’ perché riguarda tutte le Regioni in Italia sottoposte a procedure di commissariamento per il rientro dal deficit accumulato in materia sanitaria”, si difende Assunta Tartaglione del Pd, prima firmataria dell’emendamento. Lo fa in una nota congiunta diffusa dopo il voto col collega Tino Iannuzzi, anche lui firmatario del testo. Parla di “superficialità  da parte di chi non ha colto la portata innovativa della proposta” e anzi rilancia: “Chi cerca per l’ennesima volta di fare demagogia e polemiche infondate dovrebbe, invece, prendere esempio dal Partito democratico per operare a favore delle comunità e del Paese”.

Boccia rivendica la correttezza del proprio operato: “Il regolamento è chiaro – puntualizza in un comunicato – e gli uffici, come sempre garanti dell’applicazione delle regole, hanno confermato che non esiste nessun caso della storia della Camera in cui in sede referente in commissione Bilancio sia stato fatto un voto per appello nominale che viceversa avviene solo in sede legislativa. Il voto è stato chiaro e la maggioranza si è assunta la responsabilità politica della scelta”.

Esaurito il voto sull’emendamento, Rosato lascia la sala del Mappamondo a passo marziale, scuro in volto. Incalzato dai cronisti, commenta: “Abbiamo presentato un emendamento, è stato approvato. Benissimo”.

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