“La Lombardia non chiede risorse aggiuntive allo Stato, ma di trattenere una parte dei soldi delle tasse dei cittadini lombardi perché noi li spenderemmo meglio“. E’ il punto di partenza della “trattativa” tra regione Lombardia e Stato avviata questa mattina con un’audizione del Governatore lombardo Roberto Maroni davanti alla Commissione per l’attuazione del Federalismo fiscale. Tutto nasce, ovviamente dalla richiesta di Maroni dopo il referendum sull’autonomia del mese scorso che ha visto il largo successo del sì anche se l’affluenza alle urne (38,5%) è stata piuttosto bassa..
I temi, oltre a quello strettanmente fiscale, riguardano le materie (le 20 previste dagli articoli 116 e 117 della Costituzione):
organizzazione della giustizia di pace; organizzazione regionale del sistema educativo; tutela dell’ambiente; rapporti internazionali; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; professioni; ricerca scientifica; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; produzione, trasporto e distribuzione dell’energia, previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale. Tra queste materie non c’è la sicurezza. Ma l’elenco, secondo Maroni, “non è esaustivo”, è potrà allungarsi nel corso della trattativa col governo.
La trattativa, avviata con una risoluzione approvata dalla Regione e, prima, da un tavolo con le parti sociali, punta a ottenere un’autonomia “pari a quella delle due Province (Trento e Bolzano) del Trentino Alto Adige” e, quindi la “specialità” della Lombardia. “Una sorta di via intermedia fra le Regioni a Statuto speciale e quelle ordinarie” – ha spiegato Maroni – Vogliamo lavorare su questo trattamento differenziato. Non sarà facile, ma è stato importante averlo inserito in maniera esplicita nel testo del quesito referendario del 22 ottobre”.
Maroni è entrato nel merito delle questioni aperte: “Il residuo fiscale della Catalogna è 8 miliardi di euro, quello della Lombardia di 54 miliardi, il nostro obiettivo è di ridurre di almeno il 50% il residuo fiscale, si tratta di 27 miliardi”. La riduzione del residuo fiscale a cui punta Regione Lombardia “non comporta risorse aggiuntive per lo Stato, perché sono soldi che già spende, ma come dice Massimo Garavaglia (assessore lombardo all’Economia, ndr), noi li spenderemmo meglio”.
Maroni ha anche spiegato come intende muoversi: “Avanzerò al sottosegretario Bressa la richiesta di organizzare una serie di tavoli sulle diverse materie e uno di tenerlo in Lombardia, a Milano, per sottolineare la parità di status. E mi auguro che il Veneto si aggiunga al tavolo con Lombardia ed Emilia Romagna. E$ mi auguro che si arrivi a un accordo prima della fine della legislatura”
Ed ecco la risposta di Gianclaudio Bressa (sottosegretario agli Affari regionali) ai microfoni di “6 su Radio1”: “Il governo è stato disponibile da sempre ad avviare queste trattative. Nel caso di Zaia si era iniziato a discuterne lo scorso anno, poi la scelta del Veneto è stata quella di aspettare il referendum”.
“Il governo – ha proseguito Bressa – è stato da sempre disponibile perché crediamo che questa scommessa di maggiori competenze e autonomie rappresenti la nuova forma del regionalismo per i prossimi anni. Bisogna però chiarire che non si tratta di trattenere i 9/10 delle risorse, si tratta di trattenere le risorse che servono per gestire le funzioni in più che vengono date. Se ogni regione trattenesse i 9/10 delle tasse che vengono prodotte nel suo territorio, non ci sarebbe più la Repubblica Italiana, mentre questa è un’operazione di autonomia ma nell’unità della Repubblica Italiana che non viene messa in discussione”.
In merito all’auspicio di Maroni, sulle possibilità che le trattative arrivino a conclusione prima della fine della legislatura in corso, Bressa ha poi concluso: “Dipende dal numero delle richieste che vengono fatte e dalla qualità del lavoro. Nessuno si è mai avventurato in questo campo. Se sarà questo governo e questo Parlamento o, come credo sia più probabile, il prossimo, a chiudere il gioco di questa trattativa, l’importante è che stiamo discutendo seriamente di una cosa vera che sarà il futuro delle Regioni e dei cittadini nel nostro Paese”.