Inizia nell’ottobre 2017 la vicenda giudiziaria di Domenico ‘Mimmo’ Lucano, tre volte sindaco di Riace, condannato oggi a 13 anni e due mesi nell’ambito del processo ‘Xenia’ sulla gestione dei migranti. I giudici lo hanno ritenuto colpevole di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, truffa, peculato e abuso d’ufficio.
Nel 2017 la Procura di Locri (Regio Calabria) lo iscrive nel registro degli indagati per la gestione dell’accoglienza dei migranti sul territorio, noto in tutto il mondo come ‘modello Riace‘. L’anno precedente, infatti, un’ispezione disposta dalla Prefettura di Reggio Calabria nel Comune di Riace fa emergere una serie di irregolarità nell’utilizzo dei finanziamenti governativi per la gestione dei migranti. Lucano viene accusato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazione pubbliche ai danni dello Stato e dell’Unione Europea, oltre che di concussione e abuso d’ufficio.
Si apre così l’operazione ‘Xenia’, condotta dalla Guardia di Finanza, che si conclude il 2 ottobre 2018 con la decisione da parte del Gip di Locri – su richiesta della Procura – di inviare Lucano agli arresti domiciliari. L’accusa è di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di illeciti commessi nell’affidamento diretto del servizio di raccolta rifiuti. Nell’occasione cadono però le contestazioni più gravi ai danni di Lucano, ovvero malversazione, truffa ai danni dello Stato e concussione.
I domiciliari verranno revocati due settimane dopo dal Tribunale del Riesame, il quale li sostituirà con il divieto di dimora per Lucano a Riace. Lucano viene sospeso da sindaco del paese dell’alta locride, ruolo che svolge dal 2004. La Cassazione revocherà il divieto di dimora il 26 febbraio 2019, per l’assenza di indizi di “comportamenti fraudolenti” che Lucano avrebbe “materialmente posto in essere per assegnare alcuni servizi”. Il Tribunale di Locri applicherà la decisione di revoca solo nel settembre dello stesso anno.
Intanto, Lucano viene rinviato a giudizio per abuso d’ufficio e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il 12 aprile 2019 viene iscritto nel registro degli indagati insieme ad altre nove persone. Nel dicembre 2019, Lucano viene raggiunto da un altro avviso di garanzia, emesso in relazione al rilascio di documenti d’identità a migranti ospiti nei centri di accoglienza.
Si arriva a oggi, con la sentenza di primo grado del Tribunale di Locri che condanna Lucano a 13 anni e 2 mesi di reclusione, dopo averlo ritenuto colpevole di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, truffa, peculato, concussione, turbativa d’asta, falsità ideologica e abuso d’ufficio. Una sentenza che supera di quasi il doppio la richiesta del Pubblico Ministero. Quest’ultimo aveva richiesto una condanna di 7 anni e 11 mesi.