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Milan, guarigione ancora rimandata. E il calendario fa paura

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Per almeno un’ora il Milan è sembrato sulla via della guarigione. Per poi scoprirsi ancora malato. Il calvario stagionale dei rossoneri si è arricchito di un’ulteriore tappa: la sconfitta contro la Lazio, quasi una sfida alle statistiche dal momento che i biancocelesti non espugnavano San Siro da 30 anni. Certo, la formazione di Inzaghi è una delle più in forma del momento e – per una truppa ancora alla disperata ricerca di un’identità come quella rossonera – non era certo il trampolino di lancio ideale per avviare la risalita. I limiti del Diavolo – caratteriali e tecnici – si sono visti tutti, anche se i segnali di ripresa e gli aspetti positivi non sono mancati. Passi in avanti rispetto alla disastrosa gestione Giampaolo sono stati fatti ed è da questi che l’allenatore deve insistere e lavorare.

“La squadra è in crescita, per il nostro ambiente era importantissimo cercare di vincere ma la prestazione c’è stata”, il commento di Pioli a fine gara. “La strada è quella giusta. Abbiamo ribattuto colpo su colpo. Ho visto una squadra battagliare per 95 minuti, non una che si è arresa”. Ma non è facile trovare serenità di fronte a una classifica che parla di appena quattro vittorie – e tutte con formazioni non di prima fascia, Brescia, Verona, Genoa e Spal – e ben sei sconfitte in undici gare. Se la Champions, flebile speranza di inizio anno, è ormai pura utopia, persino l’Europa League sta sfuggendo dai radar rossoneri. Il ritmo è quello di una squadra in lotta per non retrocedere: 13 punti in 11 giornate – mai così male da 78 anni – significa poco più di un punto di media a incontro.

La medicina, ovviamente, non può che essere una: vincere. I punti sono la priorità in questo momento delicatissimo, e devono arrivare anche a discapito della prestazione. E se il calendario offre uno scenario da incubo, con le prossime avversarie che si chiamano Juventus e Napoli, dei rossoneri preoccupa la poca personalità evidenziata da alcuni degli uomini chiave della rosa nei momenti decisivi.

C’è poi il problema di una difesa che subisce troppo e che evidenzia fragilità pericolose. E’ vero, la manovra crea di più rispetto agli inizi, ma a complicare terribilmente le cose a Pioli ci sono le poche garanzie offerte al momento da Piatek e il nuovo volto stagionale Leao. Nel dopo gara l’allenatore si è in particolare soffermato sul portoghese: “Ha grandissimo potenziale ma deve fare di più. Anche se – ha puntualizzato – non è il momento di puntare il dito contro nessuno”. Del resto, ci pensano già alcuni illustri ex ad affondare il dito nella piaga del Diavolo. “Che la squadra sia in difficoltà e i giocatori non siano di grandissimo livello, lo sanno tutti, si vede”, è l’affondo di Fabio Capello ai microfoni di Radio anch’io Sport. Per il tecnico di Pieris, grande protagonista dei ruggenti anni ’90, il Milan ha un problema soprattutto di testa: “Quello che si vede maggiormente, quando si è a San Siro, è che giocano con paura, non hanno personalità e non rendono secondo il loro valore. Ogni qualvolta hanno il pallone fra i piedi, vedi Paquetà, non hanno la serenità per poter dare il meglio. Pioli deve fare un lavoro psicologico.

Come esce dalla situazione? Ci vorrebbe qualcuno che trasmetta dei valori, che abbia ancora il dna del vecchio Milan, che prenda in mano la situazione e aiuti l’allenatore. Ma nella squadra, in questo momento, non lo vedo”.

E’ impietoso il giudizio di un altro grande ex rossonero, Enrico Albertosi, che sabato ha spento 80 candeline. “Non avrei mai pensato di vedere il Milan a questo punto in una classifica medio-bassa”, le parole, sempre affidate a RadioRai, del portiere che con il Diavolo vinse lo scudetto 1979. “E’ migliorato, ieri nel primo tempo ha giocato bene però nella ripresa non ha raccolto quanto ha seminato. E’ un Milan che non dà affidamento. Può fare una bene una partita e poi perdersi in un bicchiere d’acqua. Probabilmente tutti i guai societari hanno condizionato sia gli allenatori sia i giocatori. E’ una squadra che va rifondata”.

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