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Natale, agroalimentare prima voce di spesa per 5 miliardi

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Quest’anno più che mai l’agroalimentare è la voce più importante del budget delle famiglie italiane per le feste di fine anno, con una spesa complessiva per la tavola di Natale e Capodanno di circa 5 miliardi di euro, l’11% in più del 2018. Secondo un’analisi Coldiretti/Ixè, a farla da padrone sarà il pranzo del 25, che l’85% degli italiani consumerà a casa. Nel menù della vigilia prevarrà il pesce, a Natale la carne con bolliti, arrosti e fritti, dall’agnello al tacchino, con una media di 3,8 ore ai fornelli. Sulle tavole è praticamente immancabile il panettone (79%), che batte il pandoro (72%), anche se quasi la metà delle famiglie preferisce i dolci della tradizione locale fatti in casa. Durante le feste quasi sei italiani su dieci (63%) andranno a mangiare al ristorante, nella propria città o in vacanza in Italia e all’estero.

Qui bisogna fare attenzione a non cadere nelle trappole dei cibi ‘tarocchi’, soprattutto quando si va oltreconfine e sono serviti ingredienti Made in Italy falsi, denuncia Coldiretti, in più di due piatti su tre. Le ricette più taroccate sono la pasta alla carbonara con prosciutto cotto al posto del guanciale; pasta al pesto con mandorle, noci o pistacchi invece dei pinoli e formaggio comune al posto del Parmigiano reggiano e pecorino; caprese con formaggio industriale invece della mozzarella. E questo a discapito dell’agricoltura italiana, che vanta 299 specialità Dop/Igp/Stg riconosciute a livello comunitario, 415 vini Doc/Docg, 5125 prodotti tradizionali, la leadership nel biologico con 72mila operatori e “il primato della sicurezza alimentare mondiale con il maggior numero di prodotti regolari per la presenza di residui chimici”, rimarca il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. Un altro traguardo importante è che per la prima volta sono i Paesi terzi a spendere di più per il vino italiano.

Nei primi 9 mesi dell’anno i clienti extra europei hanno speso 38 milioni di euro in più rispetto a nostri partner comunitari. Uno scenario piuttosto insolito, come sottolinea l’Ismea, Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, che, se confermato a fine anno, darebbe vita a uno storico sorpasso, mai registrato dall’inizio del nuovo millennio a oggi. Nel complesso, da gennaio a settembre 2019, l’Italia l’ha spedito oltre frontiera 15,7 milioni di ettolitri di vino (+12% sullo stesso periodo dell’anno precedente), per un controvalore di 4,6 miliardi di euro, in crescita del 3,8%. Se i dati dei mesi successivi rispettassero questo trend, a fine anno si potrebbero superare i 22 milioni di ettolitri, per un introito che potrebbe avvicinare il traguardo dei 6,5 miliardi. Ad avere avuto l’incremento più importante sono stati i vini comuni, accompagnati però da una lieve flessione degli introiti, conseguenza della decisa riduzione dei listini alla produzione. Prosegue la crescita degli spumanti (+9% in volume e +5% in valore) e risultano in decisa progressione anche i vini Dop (+8% in valore), soprattutto fermi. Tra i mercati principali gli Stati Uniti, la Germania e il Regno Unito

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