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Ocse bacchetta l’Italia: “Pochi laureati e lavori senza competenza. Sud indietro di un anno”

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L’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ha presentato oggi al Mef il rapporto ‘Skills Strategy Diagnostic Report – Italy 2017 ‘.

LA SCUOLA. Il divario della performance in PISA (Program for International Student Assessment, un sistema per accertare le competenze dei quindicenni scolarizzati, ndr) tra gli studenti della Provincia Autonoma di Bolzano e quelli della Campania equivale a più di un anno scolastico. L’Ocse sottolinea “la variazione significativa nella performance degli studenti all’interno del Paese, con le regioni del sud che restano molto indietro rispetto alle altre. Per esempio, mentre gli studenti della Provincia Autonoma di Bolzano ottengono risultati estremamente soddisfacenti, in linea con quelli dei Paesi che occupano le posizioni di testa nelle classifiche internazionali, quali ad esempio quelli degli studenti coreani, gli studenti della Campania si collocano più in basso, allo stesso livello di quelli cileni o bulgari. Un divario tra aree geografiche ampio richiede interventi sulle politiche per le competenze che siano coordinati, ma al contempo differenziati sul territorio”.

Bisogna poi “migliorare la qualità dell’insegnamento nel paese e ridurre il divario esistente tra le diverse regioni”, magari premiando i prof che restano dove ci sono più difficoltà. “Le scuole con livelli non sufficienti di performance potrebbero avere bisogno di un sostegno ulteriore per attirare e trattenere gli insegnanti più esperti, quelli, cioè, che possono raggiungere gli standard prefissati”, scrive ancora l’Ocse. “Si potrebbe ottenere questo risultato, per esempio, attribuendo un bonus monetario o promozioni di carriera agli insegnanti che, nelle scuole con basse performance, raggiungano gli standard prefissati”, spiegano gli esperti dell’organizzazione che ha sede a Parigi.

IL LAVORO.  Il fenomeno dello skills mismatch, che si verifica quando le competenze di un lavoratore non sono allineate con quelle richieste per compiere uno specifico lavoro, è molto diffuso in Italia. Circa il 6% dei lavoratori possiede competenze basse rispetto alle mansioni svolte, mentre il 21% è sotto qualificato.

Sorprendentemente, continua l’Ocse, malgrado i bassi livelli di competenze che caratterizzano il paese, si osservano numerosi casi in cui i lavoratori hanno competenze superiori rispetto a quelle richieste dalla loro mansione, cosa che riflette la bassa domanda di competenze in Italia. I lavoratori con competenze in eccesso (11,7%) e sovra-qualificati (18%) rappresentano una parte sostanziale della forza lavoro italiana. Inoltre, circa il 35% dei lavoratori è occupato in un settore non correlato ai propri studi.

Per l’organizzazione è poi importante incoraggiare una maggiore partecipazione da parte delle donne e dei giovani nel mercato del lavoro. “Tra i paesi membri dell’Ocse, l’Italia è al quartultimo posto per percentuale di donne occupate. Dato preoccupante, molte donne non sono neanche alla ricerca di un posto di lavoro, ciò fa sì che l’Italia faccia registrare il terzo tasso di inattività più alto tra paesi membri dell’Ocse – si legge – In parte questo dato può essere spiegato dal fatto che le donne sono spesso percepite come le principali ‘assistenti familiari'”. Per questo bisogna “incoraggiare i padri a richiedere più permessi retribuiti per i figli”, ad esempio con “l’estensione della durata dei congedi di paternità”.  

Ma anche “le donne scelgono spesso specializzazioni universitarie che non sono molto richieste dal mercato del lavoro e che rendono loro difficile trovare un’occupazione dopo la laurea. Inoltre, il sistema fiscale fornisce deboli incentivi finanziari per l’occupazione a chi, come spesso accade alle donne, costituisce la seconda fonte di reddito familiare”.

I giovani, da parte loro, “devono affrontare una transizione difficile dalla scuola/università al mondo del lavoro. I giovani italiani hanno raramente accesso a servizi di orientamento che li aiutino a scegliere nella vasta gamma di possibili percorsi di formazione e carriera. Una parte significativa di giovani impiega troppo tempo a terminare gli studi”. stema attuale continua a favorire le madri – invece che i padri – a prendere il congedo familiare”, spiegano gli esperti dell’organizzazione che ha sede a Parigi.

“Il livello dei salari in Italia è spesso correlato all’età e all’esperienza del lavoratore piuttosto che alla performance individuale, caratteristica che disincentiva nei dipendenti un uso intensivo delle competenze sul posto di lavoro”.

LE RIFORME.  Gli ultimi governi hanno introdotto una serie di riforme ambiziose nel mercato del lavoro (2014, Jobs Act), nel sistema dell’istruzione (2015, La Buona Scuola) e dell’innovazione (2015, Piano Nazionale Scuola Digitale e, per il triennio 2017-2020, il Piano Nazionale per l’Industria 4.0). Queste riforme vanno nella giusta direzione e hanno il potenziale per generare quelle sinergie e complementarità tra le politiche di cui il paese ha bisogno per rompere l’attuale equilibrio di bassa produttività e basse competenze, e generare posti di lavoro produttivi e gratificanti, in tutto il paese. 

“Negli ultimi anni, il governo italiano ha messo in atto un insieme di riforme strutturali, compreso il Jobs Act del 2015, che mirano ad affrontare le sfide sull’occupazione e migliorare le performance del mercato del lavoro. Nel 2015, la legge di bilancio ha anche introdotto un taglio temporaneo dei contributi per le imprese che assumono lavoratori a tempo indeterminato. Tutte assieme, queste riforme hanno contribuito alla creazione di posti di lavoro, a rendere meno gravosa la disoccupazione, e ridurre la dualità del mercato del lavoro. Infatti, circa 850 000 posti di lavoro sono stati creati da quando queste riforme sono state adottate, mentre il numero di nuovi contratti a tempo indeterminato è aumentato e molti contratti di apprendistato e temporanei sono stati trasformati in contratti permanenti”.

 

 

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