“Nonostante l’opinione diffusa, esiste un rischio molto basso che rifugiati e migranti trasmettano malattie infettive alla popolazione ospitante”. È quanto si legge nel primo Rapporto sulla salute dei rifugiati e dei migranti nella regione europea dell’Organizzazione mondiale della sanità, pubblicato dall’Ufficio regionale per l’Europa dell’Oms e realizzato in collaborazione con l’Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà (Inmp).
Al contrario, se i migranti “si trovano in condizioni di povertà, la durata della loro permanenza nei Paesi di accoglienza aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, ictus o cancro. Poiché i migranti e i rifugiati rischiano di cambiare stile di vita per dedicarsi a meno attività fisica e consumare meno cibo sano, sono anche più inclini a fattori di rischio per malattie croniche”.
I processi di spostamento possono rendere i rifugiati e i migranti più vulnerabili alle malattie infettive. Tuttavia, la relazione sottolinea che, ad esempio, la proporzione di rifugiati e migranti tra i casi di tubercolosi di un Paese ospitante varia ampiamente a seconda della prevalenza della tubercolosi nella popolazione ospite e che una percentuale significativa di migranti e rifugiati che sono sieropositivi hanno acquisito l’infezione dopo il loro arrivo in Europa.
“Poiché i migranti e i rifugiati diventano più vulnerabili della popolazione ospitante al rischio di sviluppare malattie non trasmissibili e trasmissibili, è necessario che ricevano un accesso tempestivo a servizi sanitari di qualità, come tutti gli altri. Questo è il modo migliore per salvare vite umane e ridurre i costi di trattamento, oltre a proteggere la salute dei cittadini residenti”, sottolinea , direttore regionale dell’Oms per l’Europa.