“Ho commesso gravi errori nella valutazione e nella percezione della situazione, soprattutto a causa della mancanza di informazioni veritiere ed equilibrate”. A qualche settimana dal rientro di monsignor Scicluna, inviato in Cile per far luce sui casi di pedofilia nella Chiesa locale, Papa Francesco fa il mea culpa atteso da tutte le vittime di padre Karadima.
Dopo aver letto il report di Scicluna invia una lettera a vescovi cileni in cui chiede perdono: “Mi scuso con tutti coloro che ho offeso e spero di poterlo fare personalmente, nelle prossime settimane, negli incontri che avrò con i rappresentanti delle persone che hanno reso la loro testimonianza”. Il Cile ha conosciuto molti casi di abusi sui minori da parte di religiosi, ma il dossier più importante è quello che riguarda l’attuale vescovo della diocesi di Osorno, Juan Barros, accusato da più fronti di aver insabbiato violenze commesse da quello che è considerato il suo padre spirituale, Fernando Karadima, pedofilo seriale.
Barros ha sempre negato di essere stato a conoscenza degli abusi e Papa Francesco lo ha sostenuto, anche durante il suo viaggio in Cile, a gennaio. Al suo rientro dalla visita però il Pontefice, spinto dalle continue richieste, ha deciso di indagare più a fondo. E per farlo ha inviato in Sud America l’uomo antipedofila di Ratzinger: sotto il suo pontificato, tra il 2011 e il 2012, da promotore di giustizia della Congregazione per la Dottrina della Fede, contribuì a far spretare circa 400 sacerdoti. L’arcivescovo di Malta, che durante la permanenza a Santiago ha subito un ricovero per una operazione alla cistifellea, ha raccolto con Jordi Bertomeu – officiale della Congregazione per la Dottrina della Fede – 64 testimonianze tra New York e Santiago del Cile. “Tutte le testimonianze raccolte – afferma il Papa – parlano in modo esplicito e diretto, di molte vite crocifisse e confesso che ciò mi causa dolore e vergogna”.
Nel report restituito al Pontefice gli inviati raccontano di “essersi sentiti sopraffatti dal dolore di tante vittime di gravi abusi di coscienza e potere e – scrive il Papa ai presuli cileni -, in particolare, degli abusi atti sessuali commessi da varie persone consacrate contro minori, derubandoli della loro innocenza”. Per questo Bergoglio ha deciso di richiamare i vescovi cileni a Roma, per “discuterne” e per sollecitarne la collaborazione “nel discernimento delle misure che a breve, medio e lungo termine dovranno essere adottate per ristabilire la comunione ecclesiale in Cile, con l’obiettivo di riparare per quanto possibile allo scandalo e ristabilire la giustizia”: “Ho pensato a questo incontro come a un momento fraterno – afferma -, senza pregiudizi o idee preconcette, con l’unico obiettivo di far brillare la verità nelle nostre vite”. Francesco ringrazia i media per il loro lavoro e anche tutte le persone coinvolte per aver evitato di trasformare l’inchiesta in un “circo mediatico”.