Nel primo trimestre 2019, il prodotto interno lordo italiano ha registrato un lieve recupero, condizionato dalla modesta crescita di consumi ed esportazioni. E’ quanto rileva l’Istat nel Rapporto annuale 2019. Ma nel breve termine, l’indicatore anticipatore pubblicato mensilmente dall’Istat indica il proseguimento della fase di debolezza per la nostra economia, seppur con una minima attenuazione. La probabilità di contrazione del Pil nel secondo trimestre “è relativamente elevata”.
La stima è ottenuta con una procedura che permette di individuare i settori manifatturieri con caratteristiche leading rispetto al ciclo economico. Secondo l’Istat la stima è di 0,65, su una scala che ha valore zero per la situazione di espansione e valore 1 per quella di contrazione dell’economia. Per il 2019 l’Istat prevedeva un aumento del Pil dello 0,3%.
Gli investimenti nel primo trimestre 2019 hanno mostrato un miglioramento guidato dalle costruzioni. Dal lato dell’offerta, è mancata la spinta alla crescita del settore dei servizi mentre manifattura, costruzioni e agricoltura sono risultate in aumento. Nel 2018, la domanda estera netta ha fornito un contributo marginalmente negativo (per un decimo di punto) alla crescita del prodotto interno lordo, come sintesi di un rallentamento della dinamica delle esportazioni di beni e servizi in volume superiore a quello registrato dalle importazioni.
Livello occupazione 2018 – Nel 2018 l’occupazione aumenta per il quinto anno consecutivo (+192 mila persone, +0,8%), sebbene con minore intensità rispetto ai due anni precedenti (+1,2 e +1,3%, rispettivamente, nel 2017 e 2016). Il livello dell’occupazione torna a essere il più alto degli ultimi dieci anni, superando di 125 mila unità quello del 2008 (+0,5%). Anche il tasso di occupazione della popolazione tra 15 e 64 anni (58,5%) sfiora i livelli massimi del 2008. I disoccupati si riducono per il quarto anno consecutivo nel 2018 (-151 mila, -5,2%), rimanendo tuttavia 1 milione e 100 mila in più rispetto a quelli del 2008. Il tasso di disoccupazione ha seguito lo stesso andamento, raggiungendo il 10,6% (6,7% nel 2008).
Ampliati i divari territoriali – Nel decennio 2008-2018 si sono ulteriormente ampliati i divari territoriali. Nel 2018 il recupero dell’occupazione al Centro-nord, iniziato nel 2013, ha portato al superamento del numero di occupati rispetto al 2008 (384 mila, +2,3%) mentre nel Mezzogiorno il saldo è ancora ampiamente negativo (-260 mila; -4,0%). Nel 2018 meno della metà degli occupati nel Mezzogiorno può contare su un lavoro stabile e a tempo pieno (48,8%, in calo di 5,5 punti percentuali), contro il 54% del Centro-nord (-2,6 punti percentuali). Benché in diminuzione, resta inoltre molto più elevato nel Mezzogiorno il tasso di lavoro irregolare.
Record negativo nascite – Il declino demografico è dovuto al saldo naturale sempre più negativo per effetto della diminuzione delle nascite e dell’aumento tendenziale dei decessi; secondo i dati provvisori relativi al 2018 sono stati iscritti in anagrafe per nascita oltre 439 mila bambini (dato record), quasi 140 mila in meno rispetto al 2008, mentre i cancellati per decesso sono poco più di 633 mila, circa 50 mila in più. La diminuzione della popolazione femminile tra 15 e 49 anni osservata tra il 2008 e il 2017 – circa 900 mila donne in meno – spiega circa i tre quarti del calo di nascite che si è verificato nello stesso periodo. La restante quota dipende dalla diminuzione della fecondità (da 1,45 figli per donna del 2008 a 1,32 del 2017). La diminuzione delle nascite è attribuibile prevalentemente al calo dei nati da coppie di genitori entrambi italiani, che scendono a 359 mila nel 2017 (oltre 121 mila in meno rispetto al 2008).
Popolazione in calo – La popolazione residente in Italia è in calo dal 2015. Al 1° gennaio 2019 si stima che la popolazione ammonti a 60,4 milioni, oltre 400 mila residenti in meno rispetto al 1° gennaio 2015 (-6,6 per mille). E’ quanto rileva l’Istat nel Rapporto annuale 2019. Il contributo dei cittadini stranieri alla natalità della popolazione residente si va lentamente riducendo. Dal 2012 al 2017 diminuiscono, infatti, anche i nati con almeno un genitore straniero (oltre 8 mila in meno) che scendono sotto i 100 mila (il 21,7% del totale). La popolazione straniera residente sta a sua volta invecchiando: considerando la popolazione femminile, la quota di 35-49enni sul totale delle cittadine straniere in età feconda passa dal 42,7% del 1° gennaio 2008 al 52,4% del 1° gennaio 2018.
Italia sempre più vecchia – La transizione nell’età anziana delle generazioni del baby boom, oggi nella fase adulta della vita, è la principale determinante del futuro invecchiamento della popolazione. Le conseguenze più rilevanti riguarderanno però la popolazione in età attiva, che subirà un’intensa riduzione della forza lavoro potenziale. Nei prossimi anni le coorti in uscita risulteranno numericamente superiori a quelle in ingresso. Nel 2050, la quota dei 15-64enni potrà scendere al 54,2% del totale, circa dieci punti percentuali in meno rispetto a oggi. E’ quanto rileva l’Istat nel Rapporto annuale 2019. Si tratta di oltre 6 milioni di persone in meno nella popolazione in età da lavoro. L’Italia sarebbe così tra i pochi paesi al mondo a sperimentare una significativa riduzione della popolazione in età lavorativa.
Povertà assoluta – Non accenna a diminuire la povertà assoluta, la cui incidenza è più che raddoppiata negli ultimi 10 anni, dal 3,6 all’8,4%. E’ quanto rileva l’Istat nel suo rapporto annuale. L’indicatore tocca il massimo nel Mezzogiorno, dove passa dal 5,2% nel 2008 all’11,4% nel 2018, e tra i minorenni e i giovani di 18-34 anni, per i quali si registra il maggiore incremento negli ultimi dieci anni (rispettivamente +8,9 e +6,4 punti percentuali).
Peggiora la partecipazione civica e politica –