“Si è trattato di un’operazione di cleaning, di riportare l’ordine a piazza Indipendenza, di ristabilire le regole. Altrimenti, mi chiedo, quale sarebbe il mio compito?”. Così la prefetta della Capitale, Paola Basilone, in un’intervista al Corriere della Sera, a proposito dello sgombero dello stabile occupato da molti migranti e rifugiati. “Adesso – aggiunge – il Comune deve fare la sua parte e, insieme agli altri soggetti, assistere i rifugiati come è stato deciso, e ci è stato assicurato proprio dal Campidoglio, nei Comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza pubblica che si sono riuniti fino a mercoledì”. “Gli aggrediti, fino a prova contraria, sono stati i poliziotti – precisa Basilone -. In quel gruppo di persone da allontanare dalla piazza ce n’erano una trentina che occupavano l’immobile ma che non avevano titoli per ottenere l’assistenza alloggiativa e sanitaria proposta alle altre settanta. Tuttavia con loro c’erano anche tanti altri soggetti infiltrati. Insomma non erano certo rifugiati”. Lo sgombero si è reso necessario, spiega, “perché c’era una denuncia dei proprietari e perché c’erano stati diversi provvedimenti di sequestro mai ottemperati. Quel palazzo era nella top list dei 15 palazzi da sgomberare. A Roma sono più di cento, mi fa una certa impressione perché quando ero prefetto a Torino ce n’era uno solo”.
Alle accuse alla polizia di aver utilizzato l’idrante contro donne e bambini, Basilone risponde: “Non mi sembra proprio. Quel mezzo è stato usato dalla Questura per evitare che le bombole di butano lanciate dal decimo piano dagli occupanti si incendiassero e scoppiassero. Lo stesso Dipartimento di pubblica sicurezza era informato dell’utilizzo dell’idrante”. Quanto invece al poliziotto che ha esortato i colleghi a spezzare braccia, il prefetto sottolinea che “individuarlo e prendere i dovuti provvedimenti non è certo compito mio, ma della Questura”.
C’è un problema di legalità, sottolinea Basilone, “ed è quella che dobbiamo ripristinare io e il questore Marino, senza calpestare i diritti umani. Essere un rifugiato non autorizza a commettere reati. Il palazzo è stato sgomberato senza torcere un capello a nessuno. Agli occupanti più fragili era stato consentito di restare al primo piano in attesa che la proprietà dell’immobile mettesse a loro disposizione, in comodato gratuito per sei mesi, villette in provincia di Rieti. Io stessa mi ero resa disponibile in quel periodo a monitorare la situazione e la Regione Lazio a fornire assistenza sanitaria. Era rimasto uno zoccolo duro al quale si sono unite altre realtà legate alla lotta per la casa”.