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Migranti, Gabrielli: “Frase grave, ma no foglia di fico”. Orfini: “Non si risponde con idranti”

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Si alza la polemica sullo sgombero di rifugiati ieri a Roma in piazza Indipendenza. E sulla frase choc pronunciata da un poliziotto (“Se tirano qualcosa spaccategli un braccio“) interviene il capo della polizia Franco Gabrielli.  “La frase pronunciata in piazza è grave, quindi avrà delle conseguenze. Abbiamo avviato le nostre procedure interne e non si faranno sconti”, spiega a Repubblica. E aggiunge: “Ma ritengo altrettanto grave che l’idrante e le frasi improvvide pronunciate durate la carica diventino una foglia di fico”, aggiunge Gabrielli, “la gravità di quello che è successo in piazza non può diventare un alibi per coprire altre responsabilità, altrettanto gravi. E non della polizia”, ma “di chi ha consentito a un’umanità varia di vivere in condizioni sub-umane nel centro della capitale. E dunque che si arrivasse a quello che abbiamo visto”.

“Due anni fa, da prefetto di Roma – sottolinea Gabrielli -, insieme all’allora commissario straordinario Tronca, avevamo stabilito una road map per trovare soluzioni alle occupazioni abusive. E questo perché il tema delle occupazioni non si risolve con gli sgomberi ma trovando soluzioni alternative. Quindi è accaduto che non ho più avuto contezza di cosa sia accaduto di quel lavoro fatto insieme a Tronca. Era previsto da un delibera un impegno di spesa di oltre 130 milioni per implementare quelle soluzioni alle occupazioni abusive. Qualcuno sa dirmi che fine ha fatto quel lavoro, e se e come sono stati impegnati quei fondi?”.

LA DIFESA DEL PREFETTO. “Si è trattato di un’operazione di cleaning, di riportare l’ordine a piazza Indipendenza, di ristabilire le regole. Altrimenti, mi chiedo, quale sarebbe il mio compito?”. Così la prefetta della Capitale, Paola Basilone, in un’intervista al Corriere della Sera, a proposito dello sgombero dello stabile occupato da molti migranti e rifugiati. “Adesso – aggiunge – il Comune deve fare la sua parte e, insieme agli altri soggetti, assistere i rifugiati come è stato deciso, e ci è stato assicurato proprio dal Campidoglio, nei Comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza pubblica che si sono riuniti fino a mercoledì”. “Gli aggrediti, fino a prova contraria, sono stati i poliziotti – precisa Basilone -. In quel gruppo di persone da allontanare dalla piazza ce n’erano una trentina che occupavano l’immobile ma che non avevano titoli per ottenere l’assistenza alloggiativa e sanitaria proposta alle altre settanta. Tuttavia con loro c’erano anche tanti altri soggetti infiltrati. Insomma non erano certo rifugiati”. Lo sgombero si è reso necessario, spiega, “perché c’era una denuncia dei proprietari e perché c’erano stati diversi provvedimenti di sequestro mai ottemperati. Quel palazzo era nella top list dei 15 palazzi da sgomberare. A Roma sono più di cento, mi fa una certa impressione perché quando ero prefetto a Torino ce n’era uno solo”.

ORFINI: NON E’ ORDINE PUBBLICO.  “Non si risponde alla povertà con le cariche e con gli idranti. Perché con la legalità questo non c’entra nulla. Non dimentichiamolo mai”. Così Matteo Orfini (Pd) su Facebook commenta i fatti di ieri a Roma n piazza Indipendenza. “Quello che è accaduto a Roma in questi giorni non è normale. E non lo deve diventare. Non si può continuare a pensare che un dramma sociale possa essere ridotto a questione di ordine pubblico. Perché è proprio facendo così che si mette a rischio l’ordine pubblico. Questo non significa che vale tutto, che tutto si debba giustificare e che la legalità non vada fatta rispettare. Tutt’altro. Ma per farlo occorre serietà, buon senso, e soluzioni. A piazza Indipendenza non c’è stato nulla di tutto ciò. E non è la prima volta”. 

VESCOVO: SINDACO ASSENTE. Il Comune doveva mediare e mi pare non l’abbia fatto”. Così monsignor Paolo Lojudice, vescovo ausiliare di Roma Sud e delegato Migrantes per il Lazio, in un’intervista a Repubblica a proposito dello sgombero in piazza Indipendenza. “Non si risolvono i problemi così, e che pena quell’assetto di guerra”, aggiunge, “abbiamo visto l’epilogo di una storia triste. È mancata la fase precedente, un dialogo, una transizione, a cui probabilmente doveva provvedere il Comune”. “Verso fine mattinata è arrivata una funzionaria del V dipartimento, l’unica rappresentante dell’amministrazione. Forse avevano questioni più importanti a cui pensare. Ma in momenti del genere mi sarei aspettato di vedere un sindaco, un assessore, un delegato ad hoc”, rimarca monsignor Lojudice, “mi pare che questo sia evidente a tutti, e lo dico da cittadino comune e non da vescovo: non si capisce dove stia andando questa città”.

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