A soli due mesi di distanza dalla decisione con cui i 28 Stati membri hanno concordato di rendere l’Unione europea competente per quanto riguarda le regole sui droni, è stato pubblicato il primo insieme di regole dedicate alle operazioni effettuate con velivoli controllati in remoto.
Per il momento si tratta di una opinione tecnica, che farà da base per i passi successivo, ma già nel corso di quest’anno è previsto che la Commissione europea adotti delle proposte normative concrete, con l’obiettivo di rendere possibili – in quanto disciplinati – i servizi forniti attraverso droni nello spazio aereo europeo al di sotto dei 150 metri di altitudine (il cosiddetto U-Space) già entro la fine del 2019.
“L’esistenza di un ecosistema per i droni pulito e sicuro in Europa sta diventando realtà, nel momenti in cui andiamo verso la fase di implementazione delle nostre regole”, ha assicurato la commissaria europea per i Trasporti, Violeta Bulc, aggiungendo che “il lavoro continua in parallelo anche sullo U-space per sviluppare un sistema moderno di gestione dello spazio aereo per le operazioni tramite droni nei nostri cieli”.
Secondo uno studio pubblicato poco più di un anno fa da Markets and Markets, il mercato mondiale dei servizi tramite droni, stimato a 705,3 milioni di dollari nel 2016, sarebbe proiettato verso il raggiungimento dei 18 miliardi di dollari entro il 2022.
La prima ‘Opinione formale sulle operazioni sicure dei piccoli droni in Europa’, questo il titolo del documento licenziato giovedì, è stata fornita dalla Easa, l’agenzia europea per la sicurezza aerea, che ha puntato con decisione sulla semplicità delle norme, mantenendo al tempo stesso una particolare attenzione per quanto riguarda i rischi specifici delle operazioni.
“Far volare lo stesso drone sul centro di una città o sul mare comporta rischi completamente diversi”, è il nocciolo del ragionamento fatto dall’Easa, il cui direttore esecitivo, Patrick Ky, assicura che “questa normativa renderà possibile la circolazione libera dei droni e assicurerà che tutti i soggetti all’interno dell’Unione europea siano nelle stesse condizioni, permettendo all’infustria dei droni di rimanere agile, di innovare e di continuare a crescere”.
Alla luce di queste considerazioni, le operazioni sono state divise in due categorie: quella “aperta”, che non richiede autorizzazioni da parte delle autorità e comprende l’attività fotografica, lo svago e le ispesioni alle infrastrutture compiute con il velivolo sempre in vista, e quella “specifica”, che invece deve essere autorizzata e comprende ad esempio i voli al di fuori del campo visivo dell’operatore compiuti da apparecchi pesanti su aree popolate. Dal punto di vista dell’approccio, l’innovazione sta nel fatto che l’assegnazione a una o all’altra categoria non si basa solo sul peso del drone, ma anche da dove viene utilizzato e da chi lo pilota.