Sembrava impossibile fino a qualche mese fa. Ma sforzi diplomatici, giochi di forza e colloqui informali durati mesi potrebbero portare direttamente a Oslo. Dopo il Quartetto per il dialogo nazionale tunisino e l’accordo sul nucleare iraniano anche la squadra unita di hockey delle due Coree potrebbe ricevere il premio Nobel per la Pace.
Sono due anni che movimenti nazionali per la promozione di azioni di dialogo, e non persone fisiche, ricevono il riconoscimento per il proprio impegno. Un segnale politico da parte dell’Accademia di Oslo che Angela Ruggiero, quattro volte campionessa del mondo di hockey su ghiaccio e medaglia d’oro olimpica, ha pensato di sfruttare. Quale messaggio migliore contro la politica della forza, e dell’isolamento, adottata negli ultimi mesi dal presidente americano Donald Trump se non la candidatura di un evento che il vicepresidente Usa ha volutamente ignorato?
“Mi piacerebbe che la squadra ottenesse il premio”, ha dichiarato Ruggiero, che è anche membro del consiglio esecutivo del Cio, il giorno dopo l’esordio del team coreano unificato alle Olimpiadi di Pyeongchang. “Seriamente – ha aggiunto – sarebbe qualcosa che va a riconoscere il sacrificio fatto dalle atlete per adeguare le loro prestazioni”. Non è una figura politica ma anche Ung Chang, unico membro nordcoreano del Comitato internazionale olimpico, ha appoggiato la proposta. Il Nobel per la Pace alla squadra coreana di hockey femminile “sarebbe davvero una buona idea, splendida”. Arrivato a Casa Italia, quartier generale degli azzurri ai Giochi olimpici di PyeongChang, insieme al membro Cio italiano, Mario Pescante, Chang ha cercato di dare un volto umano a un regime che ha inviato al Sud solerti funzionari vestiti di nero e occhiali scuri che seguono passo passo ogni atleta e ogni membro della delegazione.
“In questi Giochi di PyeongChang abbiamo visto la squadra coreana unita nell’hockey su ghiaccio e io spero che questa cosa si possa estendere, perché le Olimpiadi e lo sport superano qualunque differenza tra di noi. Lo sport, ma anche l’arte, la danza e la musica superano la politica”, ha aggiunto incalzato da domande sul significato di due Paesi ‘nemici’ che decidono di unire le proprie squadre sotto una sola bandiera dopo 65 anni di rapporti interrotti.
Secondo Chang, ex campione di basket nordcoreano “la politica e lo sport sono ancora lontani, il primo team unificato risale al 1991, nel tennis da tavolo ai Mondiali. Ma poi successivamente le differenze politiche non lo hanno reso possibile in altre occasioni. Io sono un uomo di sport e dico che tra lo spirito olimpico e la politica ci sono ancora dei divari”. Ovviamente, il percorso verso la candidatura non è cosi semplice e, nonostante gli appelli di personalità famose, non è detto che il Comitato deciderà di prendere posizione su una faccenda che crea divisioni anche in termini di alleanze. Il gelo di questi giorni tra Washington e Seul non è passato infatti inosservato.