“Sono scioccata e arrabbiata. Non l’abbiamo messo a rischio. Cercate i veri colpevoli“. E’ la difesa sul Corriere della Sera di Rabab El Mahdi, la tutor di Giulio Regeni dopo le accuse e i sospetti pubblicati sui media italiani sulla supervisor di Cambridge Maha Abdelrahman e su lei stessa. “Giulio – racconta la professoressa – ha scelto l’argomento e ha cercato supervisor esperti sul tema”. Poi ancora: “Come accade con ogni studente, le domande erano state elaborate da Giulio. I supervisori assicurano che siano rilevanti e lo aiutino a rispondere alla più ampia domanda della sua ricerca. Ancora una volta, vorrei ricordare che il video segreto fatto dal venditore ambulante Mohamed Abdallah lo mostrava mentre discuteva con Giulio non a proposito delle domande della sua ricerca, ma del finanziamento da 10mila sterline. Se Giulio avesse posto domande inappropriate o sospette nell’ambito della sua ricerca, avremmo visto anche quelle, ma non è così. Questo tipo di dubbi sembra dare a Giulio la colpa per quello che ha sofferto e suggerire che gli sia accaduto per via delle domande che ha fatto”.
“Durante la ricerca sul campo – dice – tutti gli studenti devono prendere appunti e scrivere report. Non so se Giulio li avesse scritti o no, con me non ne ha condivisi. Ma è una cosa usuale, e non c’è niente di strano nel fatto che siano stati trovati dei report nel suo portatile. No so se li avesse condivisi con Abdelrahman o no, e in quale data questo possa essere accaduto, ma non ha significato né peso. Cercare di presentare come dubbio o sospetto questo processo è ignorante e contribuisce a mascherare la verità su chi sia colpevole del rapimento e della tragica morte di Giulio”.
E alla domanda se abbia incontrato gli investigatori italiani, la tutor risponde: “Certo, li ho incontrati poco dopo l’assassinio e ho risposto a tutte le loro domande. Ed è assolutamente falso suggerire il contrario. Sia la sua supervisor di Cambridge che io e le nostre istituzioni siamo stati coinvolti sin dalla sparizione, contattando le autorità egiziane e italiane e facendo tutto il possibile per aiutare. Nonostante il trauma, io sono andata al funerale in Egitto e la sua supervisor di Cambridge a quello in Italia. Se avessimo avuto qualcosa da nascondere o non avessimo voluto cooperare, non lo avremmo fatto. Questo è stato un trauma per entrambe, ha avuto un peso sulle nostre vite accademiche e personali. E’ per integrità e rispetto che entrambe, e specialmente Abdelrahman, siamo state lontane dai media, perché il caso deve restare sotto i riflettori, non noi e il nostro dolore”.