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Regno Unito verso il voto: campagna elettorale infuocata in chiave Brexit

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  E’ subito campagna elettorale nel Regno Unito, dopo la decisione di fissare le elezioni anticipate al 12 dicembre. Difficile prevedere l’esito del voto, voluto dal premier Boris Johnson per tentare di sbloccare lo stallo politico sulla Brexit. Impasse che, fra strappi e paralisi, dura dal referendum del 2016 in cui i britannici scelsero il divorzio dall’Ue. Alle elezioni martedì ha dato l’assenso la Camera dei Comuni, mentre non l’ha ancora fatto quella dei Lord, dove però non dovrebbero esserci intoppi. La decisione di votare per la terza volta in quattro anni è arrivata con la luce verde del Labourd di Jeremy Corbyn, ore dopo che Bruxelles ha comunicato l’ok formale a un nuovo rinvio, per dare a Londra più tempo per capire come agire. Ora il Parlamento ha tempo sino al 31 gennaio per approvare l’accordo di divorzio negoziato da Johnson con Bruxelles, o persino per promuovere un nuovo referendum con cui tentare di mettere fine alla più grave crisi politica del Paese dalla Seconda guerra mondiale. Incertezza che si è ribaltata sull’Europa e sulle imprese, costrette a tentare di capire come adeguarsi, anche in caso di un caotico no deal.

In un question time record da 71 minuti a Westminster, BoJo ha detto che “l’unica via per attuare una ottima Brexit è votare per questo partito e questo governo”. Poi ha accusato Corbyn di aver promosso un programma di rinazionalizzazione “economicamente disastroso”. Il laburista ha risposto all’attacco affermando che le proposte commerciali post-Brexit del premier conservatore svendono gli interessi di Londra agli Usa di Donald Trump. “Nonostante lui neghi, il sistema sanitario nazionale (Nhs) è terra di conquista per le compagnie statunitensi, in un accordo commerciale in stile Trump”, ha tuonato. Corbyn punta a parlare di questioni sociali, non più delle (scivolose) difficoltà sulla Brexit. Anche perché il suo Labour è spaccato e vari alti esponenti sono arrivati a chiedere di scegliere un nuovo leader, se alle urne sarà un flop.

Il 70enne Corbyn ha però costruito una nuova base giovane, con il suo messaggio socialista, contribuendo al buon risultato nelle legislative del 2017. La promessa è siglare un accordo con Bruxelles che tuteli molti degli attuali legami commerciali. Gli altri due partiti principali, LibDem e Scottish National Part, stanno adottando posizioni più nette contro la Brexit. L’Snp vede il voto in funzione indipendentista. “Un voto per noi è un voto per mettere il futuro della Scozia nelle mani degli scozzesi e chiedere il diritto di votare per il nostro futuro”, ha detto la leader, Nicola Sturgeon, all’agenzia PA. I LibDem semplicemente promettono di bloccare il divorzio, stessa linea usata alle europee, che ha fruttato un sorprendente successo. Un sondaggio Britain Elects li dà al 18%, mentre i Tory avrebbero un vantaggio sul Labour di più di 10 punti. L’Snp potrebbe arrivare terzo, secondo vari rilevazioni. Sia LibDem, sia Snp potrebbero quindi diventare attori decisivi nella direzione del futuro governo. Il Brexit Party del populista Nigel Farage, figura chiave nella campagna pro-Brexit e poi trionfante alle europee, avrebbe l’11%. Il peso del suo partito, tuttavia, è stato smorzato dall’arrivo alla leadership Tory di BoJo.
 

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