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Ricostruito in 3D il vero volto di Raffaello

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Sciolto il dubbio: i resti custoditi al Pantheon appartengono a Raffaello Sanzio. Nell’anno del 500esimo anniversario della morte di Raffaello Sanzio da Urbino (1483-1520), il Centro di antropologia molecolare per lo studio del Dna antico del Dipartimento di Biologia dell’Università degli studi di Roma Tor Vergata, in collaborazione con la Fondazione Vigamus e l’Accademia Raffaello di Urbino, ha realizzato una ricostruzione tridimensionale computerizzata del volto in età matura dell’artista, uno dei più importanti del Rinascimento italiano, per accertare l’identità dei resti custoditi nella tomba del Pantheon. La ricostruzione è stata confrontata con gli autoritratti di Raffaello e con dipinti di altri autori al fine di valutare la possibilità che Raffaello Sanzio fosse il soggetto rappresentato. “Questa ricerca fornisce per la prima volta una prova concreta che lo scheletro riesumato nel Pantheon nel 1833 appartiene a Raffaello Sanzio”, spiega la professoressa Olga Rickards, ordinario di Antropologia molecolare all’Università Tor Vergata.

“È stato utilizzato un calco in gesso del cranio di Raffaello prodotto dal formatore Camillo Torrenti nel 1833 in occasione della riesumazione dell’artista e ora in mostra presso il Museo casa natale di Raffaello di proprietà dell’Accademia Raffaello”, spiega il professor Luigi Bravi, presidente dell’Accademia Raffaello di Urbino. Un dubbio ricorrente sull’identità dei resti ritrovati ha tormentato per secoli i numerosi ammiratori del ‘divin pittore’, definito da Giorgio Vasari “un dio mortale”. “Finora, nonostante l’accuratezza delle indagini svolte in quell’anno (1833) dall’anatomista Antonio Trasmondo, principale artefice dell’ultima riesumazione di Raffaello, eseguita con i metodi non risolutivi del tempo ma all’avanguardia per l’epoca, non vi era certezza che i resti ritrovati e conservati nel Pantheon fossero realmente quelli del Sanzio”, dichiara il professor Mattia Falconi, associato di Biologia molecolare all’Università Roma Tor Vergata. Nell’immediatezza dell’altare della Madonna del Sasso, durante lo scavo sono state infatti rinvenute numerose sepolture tra cui quella di alcuni dei suoi allievi e molti resti scheletrici incompleti.

 

L’obiettivo di questo lavoro scientifico, che sarà prossimamente sottoposto per la pubblicazione alla rivista Nature, è stato quello di realizzare una ricostruzione facciale 3D, realistica e riproducibile, del volto di Raffaello Sanzio, morto prematuramente all’età di 37 anni, molto probabilmente di polmonite. “La ricostruzione facciale rappresenta una tecnica interdisciplinare in grado di ricreare con buona approssimazione, basandosi esclusivamente sulla morfologia del cranio, il volto di una persona al momento della sua morte. Questa procedura è stata ampiamente utilizzata per svelare i volti di resti craniali di rilevanza archeologica e storica, nonché per l’identificazione quando utilizzata in ambito forense”, spiegano Cristina Martinez-Labarga, associato di Antropologia forense a Tor Vergata, e il professor Raoul Carbone, di grafica 3d applicata alle scienze forensi, presidente della Fondazione Vigamus. La ricostruzione è stata eseguita manualmente al calcolatore. Questa tipo di procedura estremamente flessibile consente un’elaborazione fluida, come scolpita manualmente, e la creazione di un prodotto realistico con infinite possibilità di rendering.

Inizialmente, è stato determinato il profilo biologico dell’individuo in esame. “L’analisi morfologica e metrica del calco conservato presso la casa natale dell’artista ci ha permesso di stabilire che il cranio, mostrando caratteristiche fisiche compatibili con l’aspetto del personaggio, poteva appartenere a Raffaello Sanzio, giustificando in questo modo una eventuale fase di ricostruzione 3D del volto. I risultati finali ottenuti sono coerenti e completamente sovrapponibili con il profilo del grande Urbinate che ci è stato trasmesso da prove storiche e dalle sue opere artistiche”, ha osservato il professor Falconi.

“Questa ricerca fornisce per la prima volta una prova concreta che lo scheletro riesumato nel Pantheon nel 1833 appartiene a Raffaello Sanzio e apre la strada a possibili futuri studi molecolari sui resti scheletrici, volti a convalidare questa identità e a determinare alcuni caratteri del personaggio correlati con il Dna come ad esempio i caratteri fenotipici (colore degli occhi, dei capelli e della carnagione), la provenienza geografica e la presenza di eventuali marcatori genetici che predispongono per malattie”, spiega la professoressa Olga Rickards, ordinario di Antropologia molecolare all’Università Tor Vergata. Infine, la ricostruzione è stata confrontata con gli autoritratti di Raffaello e con dipinti di altri autori al fine di valutare la possibilità che Raffaello Sanzio fosse il soggetto rappresentato. “Numerosi indizi storico-artistici – commenta Falconi – sono stati trovati per un particolare dipinto che rappresenta un soggetto a ora ritenuto ignoto”. La stampa tridimensionale dell’elaborato, resa in un busto a grandezza naturale e realizzata da Fondazione Vigamus, sarà donata all’Accademia Raffaello e sarà esposta permanentemente nel Museo casa natale di Raffaello di Urbino.

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